Terzo polo grillino
primi segnali di crisi

Nove milioni di italiani che vanno al voto per rinnovare i loro sindaci e Consigli di mille Comuni tra i quali venticinque capoluoghi di provincia importanti come Padova, Verona, Parma, e quattro capoluoghi di regione come Genova, Palermo, l’Aquila, Catanzaro, costituiscono obiettivamente un test politico nazionale. Tanto più considerando che questo turno amministrativo cade in un momento delicatissimo che segue il fallimento dell’ultimo tentativo di accordo per approvare una nuova legge elettorale. Ecco dunque che si può fare una lettura «nazionale» dei risultati amministrativi locali: stando ai dati di cui disponiamo al momento in cui scriviamo, questi dati mettono in luce due elementi fondamentali. Primo, nelle città la competizione resta classicamente tra centrosinistra e centrodestra; secondo, il terzo polo pentastellato è quasi ovunque fuori da questa competizione.

Tra i Comuni principali su cui sono stati eseguiti gli exit poll, solo un candidato sindaco può essere eletto al primo turno – ed è l’uscente Leoluca Orlando primo cittadino di Palermo – mentre tutti gli altri vanno al ballottaggio. Ma costoro sono esponenti appunto dei due schieramenti che ci hanno accompagnato in questo quarto di secolo che chiamiamo «della Seconda Repubblica».A parte Taranto, dove la situazione è più aperta e per ragioni comprensibili considerando la crisi di quella città, i Cinque Stelle non conquistano mai né il primo né il secondo posto e dunque restano tagliati fuori. Anche ad opera di quel Pizzarotti di Parma che fu il primo sindaco grillino, successivamente ripudiato, e che oggi si prende una clamorosa rivincita. Ricorderete che proprio in questi giorni di un anno fa il Movimento di Beppe Grillo faceva il colpo clamoroso di conquistare Roma e Torino per le due giovani sindache Virginia Raggi e Chiara Appendino: una specie di miracolo che non sembra destinato a replicarsi ora, nemmeno a Genova che pure è la città di Grillo e in cui l’ultimo comizio del comico-fondatore è stato seguito da appena trecento persone, e dove semmai l’aspetto più interessante è che il centrodestra «sotto la Lanterna» è assai competitivo nei confronti della lista di sinistra di una città di forti tradizioni operaie e politicamente rossa.

Evidentemente a Genova funziona la collaborazione tra Forza Italia e Lega che governa la Liguria dopo che le divisioni e le lotte fratricide della sinistra regalarono la Regione a una destra fino a quel momento minoritaria. Ecco dunque che un altro elemento comincia a venir fuori dalla valutazione dei primi risultati di questo test amministrativo: il centrodestra può ancora essere competitivo, non è affatto fuori dalla partita a causa della dura crisi che lo ha travagliato negli ultimi cinque o sei anni. Ma è competitivo solo se è unito, e cioè se Forza Italia e Lega riescono a superare le loro diversità politiche e ad accordarsi: in sede locale è possibile, e lo si vede proprio da questo voto dove pressoché ovunque i vecchi alleati, centristi compresi, stanno insieme, e dove gli «eretici» come l’ex sindaco di Verona Flavio Tosi non riescono a sfondare e ad imporsi compiutamente. Quanto al Pd, anche il partito di Renzi si dimostra vitale in periferia al punto da non mancare i ballottaggi, e anche sufficientemente duttile da riuscire a costruire alleanze più o meno moderate, più o meno di sinistra, dimostrando quindi che i «territori» come si chiamano oggi, continuano a chiedere l’unità delle forze che hanno fin qui tenuto insieme il centrosinistra. Il risultato così letto rafforza certamente Matteo Renzi, da una parte, e, dall’altra, incoraggia coloro che continuano a credere nell’unità del centrodestra. Le prime vittime sembrano invece essere i Cinque Stelle, e anche la prospettiva di larghe intese destra-sinistra.

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