L'Editoriale
Lunedì 15 Agosto 2016
Stress test superati
ma non in Borsa
Il sostanziale proseguimento in agosto del pessimo luglio borsistico delle banche, mette i piccoli investitori di fronte a un interrogativo cui non riescono a dare risposte convincenti neppure molti esperti. Ci si chiede infatti perché, dopo aver superato la prova difficilissima e un po’ surreale degli stress test, il corso dei titoli non si sia risollevato, restando ancora ai livelli, sostanzialmente dimezzati, del momento dell’entrata in vigore del «bail in», la famigerata ma forse necessaria regola che ha dato l’impressione che fossero in vista solo gravi pericoli per i detentori di azioni e obbligazioni, e persino per i correntisti.
Ecco, indubbiamente questa norma, che risolve all’interno del sistema eventuali problemi generali o di singoli istituti, è una delle ragioni che tengono basso l’andamento dei titoli e impediscono di recuperare almeno quotazioni corrispondenti al valore reale delle banche, ben superiore alla rispettiva capitalizzazione di Borsa.
Il «bail in», caduto proprio nel momento in cui erano sanguinanti le ferite delle quattro banche fallite, ha rappresentato un problema psicologico e di fiducia devastanti. Ma sarebbe anche errato dare tutta la colpa alle banche dell’instabilità complessiva dei mercati. Le ragioni sono più generali: in chiave tecnica, liquidità in eccesso (che arma il su e giù della speculazione) e, in chiave politica, grande incertezza. Basti pensare agli effetti della Brexit, ad incognite elettorali in Paesi come l’Austria, la Francia, la stessa Italia referendaria, i Paesi dell’Est, la questione Turchia, la guerra libica, il terrorismo. Con oltre Atlantico, per giunta, il problema Trump e l’interruzione di fatto delle intese di libero scambio.
Insomma, i motivi per cui gli investimenti in Borsa sono depressi sono numerosi e intricati. Del resto, parliamoci chiaro, tutto dipende dal fatto che l’economia continua ad andare male, e le Banche sono lo specchio di come vanno le cose. Con gli zero virgola non si recupera affatto quel 10 per cento di Pil che la crisi ha distrutto e anche il recente -1 per cento di produzione industriale ne é soltanto una inquietante conferma.
In tempi come questi di tassi sotto zero, dove mai possono le banche trovare ragioni di profitto, se non da una crescita generale dell’economia reale? È giusto chiedersi allora, in mezzo a tanti fattori fuori controllo, cosa possa davvero fare il governo.
Gli interventi per salvare Mps senza ancora far ricorso a soldi pubblici, ma sollecitando il sistema privato, come i fondi Atlante, sono stati utili, ma ancora contingenti.
In termini strutturali occorre urgentemente almeno che l’Unione bancaria europea preveda la messa in campo di meccanismi di salvaguardia comuni. Non piacciono alla Germania, ma quest’ultima è meno forte, non ha orizzonti politici più tanto granitici, perché anche lì il populismo sta avanzando e comunque non tutto è proprio sotto controllo, con un caso come quello Deutsche Bank, con derivati in pancia che possono arrivare a un valore di 14 volte l’intero Pil tedesco!
Qui occorre polso, e il momento è buono perché a Bruxelles non conviene avere un Renzi in difficoltà all’appuntamento referendario, certamente indebolito dal proseguimento senza fine della crisi, nonostante il suo ostentato ottimismo.
L’altra, forse decisiva, questione su cui governo e Parlamento possono incidere è quella di intervenire su fattori di sistema che la crisi ha evidenziato come insostenibili.
Giunge allora utile il rilievo del Governatore Visco, che ha detto che la metà dei problemi di sofferenza delle nostre banche (da 90 ad addirittura 300 miliardi di crediti di difficile esigibilità), sarebbero risolti se applicassimo in Italia regole vigenti in Francia e Germania per accorciare i tempi di recupero dei debiti.
Qualcosa è stato fatto, ma c’è bisogno di coraggio politico per varare una legge fallimentare che corrisponda alla gravità dei problemi. Non sono tempi in cui si può essere buonisti, dando alla magistratura strumenti attivi e non alibi.
In fondo, è anche una questione morale, perché una crisi come questa, e un risparmio tanto a rischio, non possono tollerare che vincano i sedicenti furbi, veloci a farsi prestare denaro e menefreghisti quando si tratta di restituirlo. Tanto, nessuno ti viene a cercare per anni.
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