L'Editoriale
Lunedì 09 Luglio 2018
Siria, il gas non fu usato
Lo sdegno frettoloso
Non si può certo dire che la stampa italiana l’abbia «strillata» a tutta forza ma la notizia è questa: l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), incaricata di ispezionare la città siriana di Douma e di stabilire se in quel luogo siano state usate nell’aprile scorso armi chimiche da parte dell’esercito di Bashar al-Assad, ha rilasciato un rapporto preliminare dove esclude qualunque traccia di gas nervino, rileva tracce di «sostanze clorinate» e, in buona sostanza, non evidenzia alcuna prova di un attacco chimico. Questo in una sintesi che necessita, però, di alcuni complementi. Primo: l’Opac (che non è un’agenzia Onu ma collabora con l’Onu), è ritenuta altamente affidabile, tanto che nel 2013 è stata insignita del Nobel per la Pace.
Negli anni della guerra in Siria ha «condannato» tre volte l’esercito di Assad per l’impiego di armi chimiche. Il rapporto finale su Douma sarà pronto solo tra qualche mese, l’esito potrà anche essere diverso. Certo è, però, che questa prima presa di posizione è assai significativa. Secondo: a parlare di gas nervino erano state organizzazioni di esuli siriani con base negli Usa. Fake news, quindi. Però puntualmente riportate dalla cosiddetta «informazione di qualità». Inoltre, la presenza di «sostanze clorinate» (che possono essere usate per le armi chimiche) di per sé non ha grande significato perché fu dimostrato che anche i jihadisti asserragliati a Douma avevano depositi di sostanze di quel genere. Terzo: nei giorni successivi ai presunti attacchi chimici, Usa, Francia e Regno Unito bombardarono ripetutamente la Siria, facendo un numero di morti almeno pari a quello causato dai presunti attacchi chimici.
Come ben sappiamo, il tema delle armi di distruzione di massa è da molti anni al centro della propaganda occidentale. Fu usato da George Bush e Tony Blair per raccontare frottole al mondo e, nel 2003, invadere l’Iraq di Saddam Hussein. Si è affacciato, sotto forma di vaga e oscura minaccia, durante la distruzione della Libia programmata da Francia e Regno Unito. È al centro di molte delle accuse rivolte ad Assad in Siria. E ha fatto una clamorosa comparsa anche in Europa con il caso Skripal, l’ex spia russa che sarebbe stata avvelenata col gas nervino, per ordine dei servizi segreti russi, in Gran Bretagna. È piuttosto ovvio che, situazione siriana a parte (Assad è stato costretto a neutralizzare arsenali importanti e micidiali, che gli jihadisti hanno invece conservato, sia pure su scala minore), nella gran parte degli altri casi si trattava di invenzioni, spauracchi degli agitatori di questo o quel governo per tirare dalla propria parte l’opinione pubblica e giustificare proprie azioni.
Torna quindi in mente, a proposito di Douma e delle prove che dopo mesi ancora non si trovano, forse non si troveranno mai, e magari non esistono proprio, la mobilitazione immediata che si ebbe per esempio in Italia, con intere trasmissioni tv dedicate allo sdegno e il bel mondo intellettuale, artistico e giornalistico subito corso a farsi fotografare con la mano sulla bocca. Com’è possibile che l’Opac sia ancora oggi incerto e tutti quegli egregi signori fossero invece, già allora, arcisicuri? Perché tanto spazio all’onnisciente e onnipresente Saviano e nessun rilievo per il lavoro di Robert Fisk, straordinario giornalista, esperto di Medio Oriente, il primo reporter a metter piede a Douma, che raccolse tante testimonianze che smentivano la tesi di un attacco con armi chimiche?
Possibile che a nessuno sia venuto in mente che anche dietro un’apparente buona causa ci possa essere una presa per il naso? Che, in sostanza, quella mobilitazione non sia stata altro che la mano di belletto stesa sulla volontà politica di bombardare un Paese e ammazzare della gente? Perché le bombe del «bene», nel caso non lo si fosse capito, uccidono proprio come quelle del «male». E altrettanto spesso uccidono persone innocenti.
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