Grecia, è solo
questione di fiducia

I ministri delle Finanze dell’Eurogruppo hanno passato la patata bollente ai loro colleghi capi di governo dell’Eurosummit. Da soli non sono riusciti a sbrogliare la matassa greca. Nel frattempo il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha annullato il vertice dei 28 capi di Stato e di governo previsto per ieri. Atene, per dimostrare buona volontà, deve impegnarsi questa settimana a far passare in Parlamento alcune riforme (pensioni, Iva, privatizzazioni).

È questa la precondizione per dar seguito alle trattative per rifinanziare la Grecia ed impedirne il fallimento.

Un’altra richiesta è l’istituzione di un fondo di 50 miliardi di euro circa a garanzia degli aiuti che verranno concessi. Si tratta di beni mobili e immobili di pronto realizzo, in grado di compensare un’eventuale inadempienza dell’esecutivo ellenico. In gioco sono le privatizzazioni che Atene in questi anni ha sempre rimandato e che a Bruxelles invece considerano indispensabili per un serio programma di risanamento. Succede così quando non ci si fida.

Andreotti, ancora poco prima della sua morte, si lamentava per la richiesta dell’allora cancelliere Helmut Schmidt di una garanzia in lingotti d’oro della Banca d’Italia per un prestito concesso dalla Germania nel 1976 a seguito della crisi petrolifera. Le difficoltà all’Eurogruppo hanno un nome e si chiama fiducia. Su questo concordano sia la signora Merkel, sia il presidente dei ministri delle Finanze dell’Eurozona Djisselbloem fino al ministro Padoan, che ora rappresenta l’Italia ma che da capo economista dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo) sa benissimo che il vero capitale di un Paese è la sua credibilità. Su questo l’Europa si spacca non perchè non si sappia che, come diceva Benjamin Franklin, un uomo d’affari vale solo per la sua attendibilità, ma perchè questo valore diventa automaticamente secondario di fronte ad un’emergenza umanitaria.

Francesi, italiani e lussemburghesi ritengono un’uscita dall’euro del Paese ellenico improponibile. Ed è la prima volta che all’interno degli associati all’euro si delinea una divisione così netta di opinioni. La maggioranza sta con la Germania e il suo ministro delle Finanze: Wolfgang Schäuble ha previsto un’uscita della Grecia dall’euro come ipotesi percorribile. La signora Merkel deve arrivare al compromesso con Francia e Italia, perchè sono i due Paesi più grandi dopo la Germania, ma il suo ministro ha dettato la linea. Del resto le esuberanze e i protagonismi del ministro greco Varoufakis, ora dimissionario, hanno fatto scappare dal Paese 25 miliardi di euro, ora depositati all’estero o semplicemente messi sotto il materasso. Normali cittadini che l’inazione del governo ellenico ha spaventato.

La pietà per la sofferenza umana è il grande argomento greco. Ma per il nordico la virtù si misura nel tenere fede all’impegno anche quando questo costa fatica e sacrificio. Perchè la parola è la parola. Il presidente lituano, la signora Dalia Grybauskait,ė contesta ai greci la capacità di sopportare rinunce. Nel suo Paese le pensioni si aggirano sui 150 euro e ai greci finora non è riuscito di innalzare l’età pensionistica ai livelli per esempio di quelle italiane, cioè 67 anni, mentre i vitalizi viaggiano pur sempre sui 300 euro. Troppo pochi, è vero, ma sempre il doppio di quelli lituani.

Insomma, quello che per il Mediterraneo è la commiserazione verso se stessi e la propria miseria, per il nordico è il carattere. Cioè la capacità di farvi fronte, nonostante tutto. Le differenze europee sono tutte lì. Nel mondo germanico è l’ammirazione la molla della solidarietà, mentre al debole, quello che si piange addosso, non resta che la sua inaffidabilità.

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