L'Editoriale / Valle Brembana
Venerdì 19 Dicembre 2014
Se la Valle Brembana
si rimette in gioco
Dopo i fasti mondani dell’inaugurazione, da oggi San Pellegrino ritrova un pezzo della propria storia. L’abbiamo detto e lo ripetiamo volentieri: le nuove terme sono bellissime, e per più di un motivo. La funzionalità, la modernità, gli elevati standard qualitativi, la capacità di legare passato e futuro. In ogni senso. Le nuove terme non sono solo un’occasione per ricominciare, per uscire dalle secche di una crisi che sta attanagliando la Valle Brembana come poche altre zone nella Bergamasca.
L’abbiamo scritto e ampiamente documentato nelle scorse settimane, raccogliendo il grido d’allarme di una parte della provincia completamente spogliata della propria vocazione manifatturiera, che si è riscoperta (non all’improvviso, in verità…) più lontana di quanto già fosse dai cambiamenti sempre più repentini e complessi del nostro territorio. Se la valle voleva una chance di futuro, questa è l’occasione buona: non è la panacea di tutti i mali, ma un’ottima carta da giocare sul tavolo del rilancio.
Antonio Percassi l’ha detto con il suo piglio tipico da imprenditore con il sottile gusto della scommessa: «Ora la valle deve svegliarsi». Nessuna provocazione né tanto meno un atteggiamento di chi è venuto a miracoli mostrare, solo la consapevolezza che treni del genere non passano spesso e che un atteggiamento, come dire, attendista in questo caso non paga. Perché nella sfida della trasformazione vince chi si sa adattare di più al cambiamento, e nei tempi più rapidi possibili. Si chiama resilienza, concetto che va tanto di moda di questi tempi.
Ma percorrendo la Valle Brembana, l’impressione è che i più stiano ad aspettare il corso degli eventi: «Vediamo come va, e poi eventualmente facciamo qualcosa anche noi», per banalizzare. Ma nemmeno tanto. Si insegue una vocazione turistica più per inerzia che per convinzione, ma spesso si fa fatica ad intuire il disegno complessivo. Se esiste. La crisi del manifatturiero ha lasciato segni pesanti, ed è umanamente comprensibile che cambiare e ripartire non sia facile, né tanto meno reinventarsi. Perché di questo si tratta, di guardare quel turismo che c’è sempre stato con occhi nuovi: non un’attività da derubricare alle «varie ed eventuali», ma una nuova centralità economica e sociale di un territorio ora chiamato a voltare pagina. Per sopravvivere.
Non ce ne voglia nessuno, ma la valle è un po’ il paradigma di un territorio come quello bergamasco, che per decenni ha guardato al turismo come ad un’attività di risulta e ai turisti quasi come un fastidio impossibile da evitare. Prova ne è il fatto che oltre una teoria infinita di seconde case poco si è fatto in termini di offerta strutturale: abituati ad una vita da pendolari per lavorare, abbiamo metabolizzato senza colpo ferire un pendolarismo in senso inverso. E un’offerta del genere a lungo andare presenta tutti i suoi limiti.
Ma attenzione a non cadere nell’errore opposto, voler passare cioè dal tornio alla reception in scioltezza, senza la consapevolezza che il turismo di questi anni sia un’attività altamente professionalizzata. Lo confermano i 25 (venticinque…) milioni di investimento sulle nuove Terme, cifra che dà le dimensioni adeguate di un business sempre più di alto livello, dove le competenza fanno la differenza e, soprattutto, non ci s’inventa. La Valle Brembana è in ritardo rispetto a questa enorme chances e alle indiscusse potenzialità di un brand come quella Sanpellegrino, acqua minerale presente sulle tavole prestigiose di tutto il mondo? Probabilmente sì, anzi sicuramente: ma non è un buon motivo per continuare a stare fermi aspettando le prossime mosse. Altrui.
Con la riapertura delle Terme una certa qual vocazione della Valle Brembana torna alla sua fonte, in ogni senso: ora devono rispondere gli operatori, il territorio, le scuole. La struttura c’è, ora la differenza la fa come sempre il fattore umano. Che non è solo la vocazione al lavoro, perché sennò saremmo a cavallo, ma la capacità di leggere i cambiamenti, di rischiare e mettersi in gioco. E nel caso del turismo anche quella di saper sorridere. Ripartiamo da qui.
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