Scuola e famiglia
una sinergia possibile

Professoressa sfregiata, vice-preside aggredito, notizie da prima pagina che tutti i giornali lanciano e rilanciano, tra descrizione dei fatti accaduti per mano di sciagurati genitori e commenti, più o meno esperti, che dovrebbero dare ragione di quanto avvenuto e individuare miracolosi interventi. Se la questione è affrontata in uno dei tanti talk-show, la rissa è assicurata. Capita, per contro, che molti di noi abbiano diretta esperienza di situazioni in cui il rapporto tra famiglia e scuola funziona, ci si parla, si lavora insieme, si perseguono piccole e grandi mete educative.

Bergamo

Ma queste non sono notizie da prima pagina, si sa. Proviamo, allora, a proporre, intorno alla conflittualità che queste vicende estreme denunciano, una riflessione che, pur non nascondendo la complessità che il rapporto tra scuola e famiglia porta oggi con sé, intende ribadirne l’opportuna ed imprescindibile necessità. L’educazione dei giovani, ancorché oggetto di incursioni continue, dirette ed indirette, da parte di altri soggetti (si pensi alla potenza pervasiva della Rete, o all’influenza del gruppo amicale in adolescenza), nelle sue linee portanti, resta, di fatto, nelle mani delle due istituzioni che storicamente e culturalmente, nel nostro Paese, ne hanno assunto il compito: la famiglia e la scuola. Nel bene e nel male. Lo dice il senso comune, prima ancora che le statistiche: essere nato e cresciuto in una famiglia piuttosto che in un’altra, fa molta differenza, così come la fa aver avuto certi insegnanti piuttosto che altri.

I dati statistici ci avvertono, poi, che questa differenza è un enorme rischio, in un Paese dove i figli e, di conseguenza, gli allievi sono sempre di meno, dove il futuro prossimo (il dato è dell’Onu e si riferisce al 2035) di ogni over 65 è nelle mani di 1,8 persone in età lavorativa. Detto altrimenti: oggi più che mai è indispensabile che ogni bambino, ogni ragazzo, ogni giovane, quale che sia la famiglia e l’ambiente in cui vive, abbia la possibilità di essere accompagnato a sviluppare al massimo livello possibile le sue buone potenzialità e le metta al servizio della propria crescita personale e del vivere sociale comune. Accade che questa consapevolezza non ci sia, è vero, per tante e complesse ragioni impossibili da raccogliere in poche righe; può accadere che non ci sia da parte della famiglia in cui disagio, fragilità o banale inconsistenza valoriale vanificano rapporti, ruoli e responsabilità. Ma può anche essere che questa consapevolezza non ci sia da parte della scuola, ancora troppo legata a modelli che non esistono più, da troppo tempo alla faticosa ricerca di un cambiamento strutturale reale, non solo nominale. Rimpallarsi le responsabilità è vuota corsa verso il burrone, per entrambe; assumerle, per la parte che spetta a ciascuno, è la soluzione. La difficoltà che accompagna l’identità della famiglia, oggi, è sotto gli occhi di tutti, impossibile pensare ad azioni strutturali.

La scuola, per contro, ha un tratto costitutivo che ne conferma lo scopo e le attribuisce una responsabilità particolare: è l’istituzione che ha/deve avere, al suo interno, persone che deliberatamente hanno fatto dell’educazione una professione, che hanno assunto il compito istituzionale di utilizzare la cultura propria del nostro Paese come strumento per realizzare l’educazione dei giovani e posseggono gli strumenti didattici e culturali per farlo. Proprio perché posseggono questi strumenti e ben li agiscono, hanno la responsabilità di diventare promotori di un dialogo autorevole che, nella consapevolezza dei confini della propria responsabilità, guarda alle famiglie dei propri allievi e alla diversità che portano con sé come indispensabili e spesso preziosi alleati per il loro agire educativo. Qualcuno la chiama competenza genitoriale, straordinario strumento per operare, dal basso, cambiamenti educativi importanti; ma per valorizzarla occorre riconoscerla. In qualche caso non c’è, in molti casi, sì, anche tacita. E, soprattutto, preziosa.

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Maria Grazia D

7 anni, 2 mesi

I genitori non educano più, la scuola non insegna più educazione civica come una volta. I giovani già da bambini crescono nella "bambagia" super difesi, ricevono tutto ciò che vogliono ma rimangono crescendo nella grande solitudine, perché sia genitori che insegnanti non hanno mai tempo di parlare, dialogare con loro. Ed eccoli allora a dialogare con il telefonino e con i loro compagni, privi di esperienza della realtà vera!

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Giancarlo Passalacqua

7 anni, 2 mesi

Confermo,anche se a qualcuno dell'Eco non piace ,che della situazione attuale della scuola italiana ,grande parte di colpa é del suo corpo docente politicizzato. Negli ultimi decenni troppi insegnanti hanno insegnato più politica che materie scolastiche, troppi insegnanti hanno infarcito le teste di soli diritti trascurando i doveri......gran parte del corpo docenti fa parte degli intellettuali del politicamente corretto,del permissivismo,del buonismo a senso unico .....certamente le colpe non sono soltanto dei docenti, ma non possono solamente e semplicemente pensare che tutto quello che accade nelle scuole sia colpa degli altri.

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ELIO CAPELLI

7 anni, 2 mesi

certo che ci sono gli insegnati "politicizzati" quelli dei soli diritti. ma ci sono anche quelli dei diritti e dei doveri--- così come dovrebbe essere .. poi se stanno in equilibrio sostanziale bisogna vedere dove si mette il centro. e se fosse più un problema dei genitori? certo se si fa ricorso perchè il pargolo ha avuto un nove anzichè un dieci... siamo messi un poco male.... AI MIEI TEMPI SE ARRIVAVI A CASA e parlavi male dell'insegnante, per un castigo che ritenevi non meritato ... rischiavi sicuramente un ulteriore castigo! quindi te ne stavi zitto......

Giorgio Cornolti

7 anni, 2 mesi

Oh si! L'educazione e il senso civico che insegnano i genitori con le macchine parcheggiate sui marciapiedi, in doppia fila e nelle rotonde davanti alle scuole, mentre aspettano i loro pargoli (e non solo nei quartieri notoriamente malfamati di Santa Lucia e Viale Vittorio Emanuele).

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