L'Editoriale / Bergamo Città
Mercoledì 12 Agosto 2015
Scommesse italiane
e inghippi cinesi
Il nostro governo punta sulla crescita economica, che giudica non solo probabile, ma anche abbastanza robusta. Per questo reputa possibile ridurre, nei prossimi anni, la pressione tributaria, pur rispettando i vincoli europei, ma rinviando il traguardo del pareggio strutturale di bilancio. Però riducendo, seppur di poco, il rapporto debito/Pil.
Mete possibili purché a medio termine non insorgano complicazioni geo-politiche e che l’afflusso turistico, generato dall’Expo milanese prosegua nel prossimo Anno Santo, e stimoli la domanda interna. Il governo punta anche sullo sviluppo delle esportazioni, sorretto dalla intraprendenza degli imprenditori, e sul recupero generale dell’economia per effetto di una ritrovata competitività del sistema Italia. Infine, sul fatto che nei prossimi due/tre anni la gestione del debito pubblico non incontri impreviste difficoltà, favorita dall’azione stabilizzatrice della Banca centrale europea.
Come si vede, il tutto è ad alto rischio, ma il premier sa che se non avesse osato in passato, sarebbe ancora fermo al Consiglio comunale di Firenze. C’è una logica nella apparente spregiudicatezza del piano governativo: l’alternativa non esiste. O si cresce economicamente oppure ci si troverà presto con un debito pubblico del tutto insostenibile, non ostante la politica monetaria molto accomodante della Bce.
Siamo tutti sulla stessa barca. È intollerabile qualsiasi azione che danneggi l’immagine e/o l’appeal del Paese. Monito, questo del governo, ai sindacati, alla burocrazia, agli imprenditori e alla stessa magistratura. Dobbiamo sperare nello «stellone», e confidare che i pericoli geo-politici non aumentino per almeno due/tre anni. E ciò rientra nel contesto delle speranze generali. Pur consapevoli del nostro peso specifico, che è lieve, difendiamo ed esaltiamo tutte le condizioni per cui siamo conosciuti come «brava gente» nel mondo. E tutti desiderano visitarci.
Credo che il premier sia consapevole che«o la va o la spacca». Ma per noi cittadini è meglio sperare che la fortuna si congiunga con l’audacia e non che alla fine si debba riconoscere che il tutto era una spacconata. Occorrono, certo, una pluralità di condizioni favorevoli, in gran parte esterne. Necessita che il quarto lustro del secolo non presenti inopinate sorprese. Non bisogna perdere la speranza, anche se ci si potrebbe trovare, nostro malgrado, prossimi all’ultima spiaggia.
Ebbene, su tutto il disegno governativo italiano, sulla scommessa che Matteo Renzi fa per l’Italia, pesano, a mio parere, ombre cinesi, che invero determinano incertezza nel pianeta. L’indice della Borsa di Shanghai ne è il segnale. Il crollo delle quotazioni di quel mercato può essere certo giudicato, in prima approssimazione, come lo scoppio di una bolla speculativa. Ma occorre pensare all’effetto «perdita di ricchezza» che esso determina tra i risparmiatori e investitori cinesi e tra quegli altri investitori e risparmiatori del resto del mondo che, anche giovandosi di intermediari finanziari, hanno deciso di collocare una parte del proprio patrimonio in titoli di un’economia emergente come quella cinese. E ancora giova porre attenzione agli investimenti di risparmio cinese nel mondo occidentale, e in particolare nel debito statunitense, che potrebbero ridursi in futuro appunto per la discesa della principale Borsa cinese. Insomma, l’«effetto ricchezza» in negativo è ancora tutto da valutare. Ma potrebbe essere una lunga ombra sull’economia mondiale.
Auguriamoci che le scommesse italiane non siano troppo oscurate dalle ombre cinesi.
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