Sarkozy, dove sta
il vero scandalo

La pentola del «caso Sarkozy», che bolliva da anni, pare essere sul punto di scoperchiarsi. L’uomo che fu presidente della Repubblica di Francia tra il 2007 e il 2012 è finito in stato di fermo perché interrogato in merito a un’inchiesta aperta nel 2013 e che lo vede accusato di aver ricevuto dal colonnello Gheddafi circa 50 milioni di euro nel periodo in cui doveva sostenere la campagna elettorale che l’avrebbe portato, appunto, all’Eliseo. Contro Sarkozy ci sono non solo i documenti e gli elementi raccolti dal giornale d’inchiesta on-line Mediapart ma molte testimonianze di personaggi libici che erano vicini a Gheddafi, da Choukri Ghanem, ex ministro del Petrolio, ad Abdallah Senoussi, ex capo dei servizi segreti militari, da Ziad Takieddine, faccendiere multiuso, a Bechir Saleh, da Gheddafi incaricato delle relazioni con la Francia.

Intanto i magistrati d’Oltralpe stanno ascoltando i principali esponenti del cerchio magico sarkoziano, e attendono con ansia la risposta che la giustizia del Regno Unito darà alla loro richiesta di estradizione per Alexandre Djouhri, un uomo d’affari francese che è sospettato di aver fatto da tramite per almeno alcune delle transazioni illecite. Sarkozy rischia ora di finire sul banco degli imputati non solo per aver violato la legge che regola il finanziamenti dei partiti e dei politici ma anche perché accusato di riciclaggio. Una misera fine, insomma, per colui che fu a lungo l’uomo più potente di Francia.

Ma lo scandalo vero, in questa vicenda già sordida, non sta nelle possibili malefatte finanziarie dell’ex presidente, che eventualmente andrà a occupare una casella nell’infinito elenco dei politici corrotti. Quello che dovrebbe farci saltare sulla sedia è la relazione con Muhammar Gheddafi e con quella Libia che proprio Sarkozy, con il solo sostegno del Regno Unito, decise di bombardare. L’idea di un uomo che si fa aiutare a scalare la presidenza da un dittatore e poi lo fa uccidere accusandolo di essere un dittatore dà, da sola, il voltastomaco. Ma non basta. Perché non è assurdo sospettare che la spedizione della Francia contro la Libia sia stata decisa anche per coprire le tracce della tresca e per risollevare le sorti di una presidenza, quella appunto di Sarkozy, che nel 2011 era già in declino e avviata a una fine ingloriosa. E questo sì che sarebbe intollerabile.

Quando fu attaccata da Francia e Regno Unito, e per quante critiche si potessero fare all’autocrazia instaurata e per decenni conservata da Gheddafi, la Libia era forse il Paese più sviluppato dell’Africa, tanto da essere meta di immigrazione da parte di lavoratori africani ed asiatici. Non aveva debiti con Paesi esteri, aveva da anni riconsegnato il materiale nucleare e autorizzato le visite degli ispettori internazionali. Sanità e scuole erano gratuite. Non è difficile, quindi, misurare la differenza con la Libia attuale, sprofondata in tutti gli standard che misurano la qualità della vita, impoverita, frammentata da mille guerriglie e scontri tribali. Anche oggi i migranti arrivano in Libia ma solo per lanciarsi verso l’Europa, una volta superati maltrattamenti e torture, e spesso morire in mare. Per non parlare delle migliaia di morti causati appunto dalla guerra franco-inglese del 2011. In altre parole, Nicolas Sarkozy è uno stragista come lo furono, prima di lui, Tony Blair e George Bush con l’invasione dell’Iraq. Ma con un’aggravante: e cioè che potrebbe aver lanciato una guerra almeno in parte per interesse personale. Com’è ovvio, tutto deve passare al vaglio degli inquirenti. Solo a loro spetta decidere se l’ex presidente è innocente o colpevole di fronte alla legge. Spetta a noi, invece, il giudizio politico e morale, e su quello ci sono poche incertezze.

Allo stesso modo ci tocca una riflessione sulla nostra vecchia Europa, che tanto spesso pontifica di libertà e democrazia all’interno delle mura amiche per comportarsi, fuori, in modi che con quei valori hanno nulla a che vedere. Provare per credere, chiedendo a libici, iracheni e siriani che cosa pensino dei nostri «valori», loro che conoscono solo l’altra faccia della medaglia. Quella di Sarkozy.

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