Salvini più forte
Psicodramma Pd

Il voto friulano, più ancora del Molise, peserà sulla complicatissima situazione politica nazionale, quella che a due mesi dal voto delle politiche non riesce a produrre una maggioranza e tantomeno un governo. Pesa, il Friuli Venezia Giulia, perché conferma che il centrodestra è la prima coalizione (in Regione il leghista candidato governatore Massimiliano Fedriga è arrivato al 57 per cento), che Salvini ne è indiscutibilmente il leader più votato, e che le defatiganti trattative romane stanno logorando il Movimento Cinque Stelle: già in Molise i grillini avevano perso sette punti, in Friuli sono addirittura crollati dal 24 per cento delle politiche di due mesi fa ad un angosciate 7,2 per cento. In fondo, il risultato è quanto Matteo Salvini si aspettava: sia per ribadire la sua leadership nella coalizione – che accortamente lui non ha rotto come invece Di Maio gli chiedeva – sia per trattare da posizioni di forza con il M5S e con Forza Italia.

Il capo leghista si sente ora riportato al centro della scena, soprattutto dopo che Matteo Renzi ha fatto fallire l’incipiente trattativa tra il Pd (tandem Martina-Franceschini) e i pentastellati. Adesso si può ricominciare tutto daccapo, ma in condizioni del tutto diverse: da una parte Salvini potrà confrontarsi con Di Maio da posizioni di forza, dall’altra sarà in condizione di chiedere a Berlusconi il famoso passo di lato. Almeno questo è nelle intenzioni, che comunque almeno per il momento non contemplano l’idea di ricevere un mandato da Mattarella per andare a formare un governo di minoranza – come invece propone Forza Italia – che si conquisti in aula i voti necessari.

Non che tutto ciò che abbiamo detto sinora semplifichi il quadro, beninteso. Però si sono sensibilmente modificati i rapporti di forza a vantaggio di Salvini mentre Di Maio si è indebolito, ora che lui stesso ha ufficialmente chiuso tutti i forni che aveva aperto e che si ritrova senza carte in mano, se non quella di chiedere le elezioni in giugno. Quanto a Berlusconi, resiste ma faticherà di più a tenere il punto con le richieste leghiste.

La domanda a questo punto è: cosa farà Mattarella? Il Quirinale ufficialmente tace ma ufficiosamente fa sapere che qualcosa accadrà all’indomani della riunione della direzione del Partito democratico, quella che ufficializzerà – sia pure tra molte lacerazioni – il «no» di Renzi a sostenere un governo a guida grillina.

Dopo che questo passaggio si sarà consumato, Mattarella potrebbe davvero dare a Salvini un mandato «esplorativo» per verificare se lui, in quanto capo riconosciuto della prima coalizione, sia in grado di coagulare una maggioranza. Se ci riuscisse, sarebbe fatta, e la legislatura potrebbe cominciare.

Se invece constatasse di non avere la maggioranza in Parlamento, potrebbe comunque costituire un governo per andare alle elezioni al più presto, diciamo in settembre. Ma è una soluzione che, come abbiamo detto, Salvini non condivide, e che oltretutto susciterebbe le più forti proteste del Movimento Cinque Stelle, ancora fermo nel rivendicare il proprio primato.

Se il capo dello Stato non volesse percorrere una via così accidentata potrebbe dar vita lui ad un esecutivo «tecnico» (presieduto da Sabino Cassese o anche dal suo vecchio amico Alessandro Pajno, ora presidente del Consiglio di Stato) con l’incarico di condurre il Paese alle elezioni nel più breve tempo possibile. Certo chissà chi sosterrebbe un simile governo «di tregua», ma in fondo questo non sarebbe un criterio dirimente: proprio perché privo di maggioranza parlamentare il Gabinetto Pajno, chiamiamolo così, accompagnerebbe velocemente lo scioglimento anticipato delle Camere.

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