L'Editoriale / Bergamo Città
Martedì 23 Ottobre 2018
Salvini pigliatutto
5 Stelle in affanno
Le elezioni a Trento e Bolzano contengono sicuramente elementi peculiari, di una terra di confine e, in particolare nell’Alto Adige, di convivenza tra gruppi etnici e linguistici non sempre facile (ancorché considerata un modello in Europa). Terre dove si vive bene, dove la crisi economica è arrivata attutita e dove il rapporto con l’Europa è così stretto che basta allungare un braccio per stringere la mano di un abitante di Monaco o di Innsbruck. Terre dove la convivenza con gli immigrati (che ci sono: basta guardare le vie di Bolzano e contare i burka) non ha mai creato veri problemi. E tuttavia al netto di questa peculiarità, quel voto contiene dei segnali inequivocabili per ciò che potrebbe avvenire alle elezioni europee.
Il primo segnale riguarda la Lega. A Trento Matteo Salvini stravince col suo candidato presidente che sfiora il cinquanta per cento. In provincia il Carroccio balza al primo posto, lontano da quei pochi spiccioli di voti che raccoglieva fino a qualche anno fa. Viceversa il partito egemone da anni nel Trentino, il Pd, erede di quella Margherita che è nata proprio sotto il Castello del Buon Consiglio e, prima, di una Dc padrona della provincia, riesce a dividersi in due e a facilitare il boom leghista. Perdere la provincia di Trento, per i democratici, significa veder cancellato un pezzo della loro storia politica. Terzo elemento: la Lega assorbe il voto di centrodestra e porta al minimo storico Forza Italia. I grillini restano marginalizzati dalla forte presenza di centrodestra e dall’insediamento di centrosinistra che resta comunque a due cifre.
Altra provincia, Bolzano. Qui il partito egemone da sempre, la SudTiroler Volkspartei, continua a cedere terreno ma non scende sotto il quaranta per cento. La sua crisi appare simile a quella del partito cugino bavarese, che alle elezioni recenti ha perso dieci punti, ma non è tale da consentire il dilagare della destra secessionista sudtirolese. Anche qui però la Lega cresce molto, soprattutto a Bolzano, dove è il primo partito col trenta per cento e assorbe tutto il voto degli italiani, sia di quelli moderati sia dei tanti che per decenni hanno votato per la destra missina in contrapposizione ai «tedeschi». Quanto al Pd, da quelle parti quasi sparisce e perde la metà dei voti: un’ulteriore causa di polemiche perché molti attribuiscono la sconfitta alla imposizione, da Roma, della candidatura alla Camera di Maria Elena Boschi.
Ma quel che colpisce davvero a Bolzano è il dato che riguarda il Movimento Cinque Stelle: è emerso un altro caso Pizzarotti, dal nome del sindaco di Parma che, abbandonati i compagni di strada, si è fatto un partito suo e ha fatto centro. A Bolzano il grillino dissidente si chiama Koellensperger, anche lui ha litigato coi vertici nazionali e ha messo in piedi un «team» con cui ha raccolto il 15 per cento dei voti e ha prosciugato il bacino dei pentastellati. Ecco dunque cosa possiamo dedurre da elezioni locali eppure così significative. La crescita della Lega, in primo luogo, a danno dei suoi alleati di centrodestra, ormai fatalmente attratti da una macchina macina-voti quasi irresistibile. La forza della leadership salviniana si impone soprattutto nel Nord senza nemmeno troppo faticare, e questo pesa e peserà. Il secondo elemento è la fragilità della costruzione grillina, messa a dura prova dalla «fatica di governo», così diversa dalla furia dell’opposizione, così piena di compromessi e rospi da ingoiare. Una costruzione fragile che potrebbe non reggere lo scontro tra l’ala sinistra e quella governativa, soprattutto ora che si annuncia il ritorno di Alessandro Di Battista, il naturale anti-Di Maio.
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