L'Editoriale / Bergamo Città
Lunedì 10 Ottobre 2016
Salute mentale
una sfida aperta
Oggi viene celebrata la Giornata Mondiale per la salute mentale. Oltre il 38 per cento della popolazione italiana ha problemi riconducibili a disturbi mentali, suicidi e tentati suicidi sono in aumento, come pure le depressioni, da quelle post partum a quelle reattive a difficili condizioni di vita; i fenomeni del bullismo, dell’alcolismo, del consumo di droga, delle ludopatie e della dipendenza dalle tecnologie sono i sintomi più evidenti dei disturbi di personalità che nell’adolescenza si strutturano con sempre maggiore frequenza.
Se tutto sommato sono stabili nel tempo le schizofrenie e le psicosi, sono però in incremento i disturbi bipolari e i disturbi borderline. E spesso, dietro ogni paziente c’è una famiglia che soffre, che va aiutata, supportata, qualche volta anche curata. Nuovi problemi gravano sui servizi psichiatrici, derivanti dalla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e dalle patologie degli immigrati i cui aspetti fenomenologici non conosciamo ancora bene.
Quanto sopra fa riflettere sull’importanza di investire attenzione, pensiero, risorse sulla salute mentale, con la consapevolezza che non si parte dall’anno zero, ma che molto va ancora fatto. Ci sono criticità ma anche opportunità nuove.
La criticità maggiore è ancora dovuta allo stigma, al pregiudizio, all’emarginazione che tuttora c’è nei confronti del malato di mente, di cui si parla essenzialmente solo in occasione di eventi tragici , dimenticando che i «normali» delinquono forse più dei «matti». C’è ancora troppa vergogna a manifestare il proprio disagio e spesso anche i medici di famiglia hanno difficoltà a indirizzare allo psichiatra; c’è pregiudizio nei confronti degli psicofarmaci, che sono un presidio in molti casi indispensabile; c’è una banalizzazione degli interventi psicologici, ridotti spesso a storielle o a rigide formule quasi matematiche (complici certe rubriche giornalistiche e anche il protagonismo confusivo di qualche addetto ai lavori).
Le opportunità nuove derivano dal progresso delle neuroscienze che hanno permesso di «visualizzare» quel che accade nel cervello; di capire quali aree e quali mediatori sono interessati nel governo delle emozioni, dell’affettività, del pensiero; di cominciare a capire che cosa succede nelle loro alterazioni ma anche di dare fondamento scientifico alle teorie psicodinamiche, cioè all’influsso dell’ambiente esterno e alle modificazioni che le relazioni provocano sul cervello (neuroni a specchio, epigenetica): cervello e mente cominciano così a integrarsi e testimoniano la complessità dell’uomo che non può essere ridotto a neuroni e mediatori, ma neppure può essere privato della sua corporeità.
La psichiatria lombarda può cogliere fino in fondo queste opportunità, perché, in primo luogo, da anni è all’avanguardia per un modello organizzativo fondato sull’integrazione tra ospedale e territori, tra le diverse figure professionali componenti l’equipe, tra i diversi servizi che si occupano della salute mentale. La nuova riforma tra l’altro prevede che del Dipartimento per la salute mentale facciano parte oltre ai servizi psichiatrici, anche i Serd-Servizi ambulatoriali dipendenze, la Neuropsichiatria infantile, i servizi per disabili, la Psicologia clinica, cioè tutti i servizi coinvolti nella malattia mentale.
In secondo luogo, soprattutto – e come non ricordare la lezione di due straordinari maestri, il professor Zapparoli e il professor De Martis (di cui ricorre il ventennale della morte) – è diffuso l’approccio integrato tra biologico, psichico, sociale. La presa in cura del paziente, che nella nuova riforma è la parola d’ordine per tutta l’assistenza sanitaria, da anni è la stella polare di coloro che sono impegnati nell’ambito della salute mentale. Anzi la psichiatria sta andando oltre: con le teorie e la prassi della recovery introduce un altro protagonista, un altro specialista nella terapia e cioè il paziente stesso, opportunamente preparato.
Da queste opportunità deriva un uso più mirato dei farmaci e farmaci nuovi, con meno effetti collaterali; un utilizzo più appropriato e qualificato delle Psicoterapie con lo sforzo di dare/trovare un senso ai comportamenti, ai sintomi, ai disagi dei pazienti; una maggiore apertura e coinvolgimento del territorio e delle comunità locali, con una riabilitazione che sa osare, aprendosi al mondo dell’arte e a quello delle nuove tecnologie; un coinvolgimento delle famiglie: davvero una presa in cura del e col paziente, visto nella sua interezza e nella sua unicità.
Ma sono necessarie due condizioni. La prima: che ci sia fiducia, che non si perda mai la speranza, in nessun momento, che non si confonda inguaribile con incurabile, che ci sia la convinzione che un miglioramento, grande o piccolo in relazione alle risorse del paziente e alla gravità della patologia, è sempre, sempre possibile. Pessimismo e scetticismo non possono abitare nella casa della salute mentale.
La seconda. Che ci siano risorse adeguate, che si investa di più, che la malattia mentale sia una priorità della sanità pubblica. Che, se si devono, come si dovranno, fare scelte, non si rinunci a investire per la malattia mentale. Si investe troppo poco, in relazione ai nuovi bisogni e alle nuove opportunità. Formazione continua del personale, supervisione delle équipe, appartamenti protetti, potenziamento della Npi, più personale nei Cps per poter svolgere più attività domiciliare,più personale nei Centri diurni e nelle Comunità residenziali, specializzazione delle Comunità, più Spdc-Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (nella nostra provincia ne manca uno), più rapporti con i centri di ricerca, più progetti sperimentali, più sostegno per corsi di formazione per i pazienti, più aiuti ai comuni per sostenere inserimenti lavorativi, più sostegni alle famiglie: sono solo alcune delle principali necessità.
La giornata di oggi, perché abbia un senso, deve portare a questo: la salute mentale come priorità per un Paese che vuole tutelare il proprio futuro, la malattia mentale come emergenza sanitaria in un Paese che vuole affermare il proprio livello di civiltà.
*Psichiatra e Direttore sanitario Fondazione Emilia Bosis.© RIPRODUZIONE RISERVATA