Regole hi-tech
La lezione di Berlino

La mobilità è strategica. Se Alitalia o Air Berlin avessero capito le potenzialità dei voli low cost non sarebbero ora sull’orlo della bancarotta. E del resto Orio al Serio era un aeroporto militare dismesso e adesso muove milioni di passeggeri. Veder per tempo lo sviluppo delle tecnologie e la loro applicazione ha un solo significato: creare posti di lavoro o distruggerli. Le moderne tecnologie sono tanto veloci quanto complicate, amano la creatività, l’inventiva ma poi chiedono tempo pre metterla in pratica. Un buon governo sa di dover programmare. La banda larga per esempio chiede anni per essere realizzata. L’ultimo miglio è decisivo tanto per le aziende che devono poter innovare con Industria 4.0 quanto per le famiglie in angoli sperduti anche se per i gestori non remunerativi in termini di traffico. Una «start up» può nascere in montagna se è ben collegata.

Da qui l’obbligo per l’amministrazione pubblica di farsi carico del problema quantomeno in termini di indirizzo per gli operatori del settore. Una cosa è certa: non è possibile per un’azienda di servizi stare sul mercato senza porsi il problema del collegamento con quelli che potrebbero essere considerati concorrenti. Deutsche Bahn in Germania non è proprio un mostro in termini di velocità. Né sulle rotaie dove il loro Ice viaggia decisamente più lentamente di Freccia Rossa, né per i treni locali dove i ritardi sono all’ordine del giorno né nell’aggiornamento tecnologico. C’ è voluto un nuovo presidente con l’occhio attento per mettersi in contatto con le nuove start up in grado di offrire entro 100 giorni idee per la mobilità smart, per smart city, per l’internet delle cose. La logistica e la mobilità dipendono da queste applicazioni. Lavorare assieme a Lufthansa, al car sharing, all’auto elettrica ha senso.

Chi ha detto che in un futuro breve non convenga di più andare con l’auto elettrica senza guidatore o prendere l’aereo e poi condividere l’automobile con altri? Creare una rete è decisivo anche per la rotaia perchè se programmato e integrato il ferro può ancora convenire. Del resto l’uso dell’auto così come ora concepito è uno spreco organizzato. L’utilizzo medio orario in un anno è decisamente basso rispetto ai costi che l’acquisto e il mantenimento dell’automobile richiedono.

E questo spiega perché Uber nonostante una perdita secca nel 2006 di 2,6 miliardi e le resistenze delle categorie impegnate nel servizio pubblico continua a credere nel suo progetto. In Germania il car sharing promosso dalla ditta americana trova ostacoli nella sicurezza che un servizio gestito da privati improvvisati autisti può garantire. Da qui tutta una serie di riserve poste all’attenzione delle autorità e dei tribunali. Quello della sicurezza è il chiodo fisso della pubblica opinione in Germania. Ed è questo continuo desiderio di volere assegnare regole e di rispettarle che fa di questo Paese la patria in Europa del politicamente corretto.

Ne fa fede la discussione in atto sull’auto senza guidatore. La Germania è l’unico Paese al mondo che ha definito già un codice di comportamento, una sorta di linee guida per le auto guidate dal computer. Il problema è che questi veicoli di fatto raccolgono tutte le informazioni sui soggetti che trasportano, ne tarano le abitudini, i comportamenti, addirittura i pensieri. Su questa linea si muove infatti la ricerca avanzata. Il fine è quello di dare alla guida la massima sicurezza. Con il risultato però di rendere la riservatezza della vita privata una vera chimera. Quando infatti questi dati di integrano con quelli telefonici, di internet ogni soggetto finisce per demandare la sua vita alla rete. Insomma l’incubo del Grande Fratello. Non cedere alle lusinghe della modernizzazione selvaggia e tuttavia tenere il passo con i tempi. Questa la lezione di Berlino.

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