Recovery cambiato
Ma la crisi resta oscura

Oggi si riunirà il Consiglio dei ministri per varare il «nuovo» Recovery Plan da portare in Parlamento e presentare successivamente a Bruxelles. Il presidente del Consiglio Conte assicura che nell’arco di queste 24 ore il Piano sarà approvato secondo il nuovo motto governativo: «Correre!» (e sarebbe anche una buona cosa vista la lentezza con cui si è proceduto finora). A Palazzo Chigi sono convinti che le correzioni fatte dal ministro Gualtieri al vecchio testo abbiano contentato Renzi e Italia Viva. I quali naturalmente, alla vigilia della riunione, non si mostrano affatto soddisfatti, anzi ancora ieri sera negavano addirittura di aver ricevuto le pagine scritte al ministero del Tesoro. Tattica.

Che si vada all’approvazione è ormai abbastanza certo: ci si è dovuto mettere Mattarella in prima persona per ottenere che i partiti la smettessero nel tira e molla che sta rischiando di farci perdere i soldi della Commissione (o quantomeno l’anticipo promesso di 20 sui 209 miliardi) facendoci oltretutto fare una planetaria figura di stupidi autolesionisti.

Però, una volta consegnato alle Camere il Piano, bisogna vedere cosa faranno le due battagliere ministre renziane, da settimane ormai dichiaratamente con la valigia al piede. Non passa giorno che la titolare dell’Agricoltura Bellanova non ci ricordi che lei è prontissima alle dimissioni: il suo problema però è capire bene cosa davvero voglia Renzi. Ancora non è chiaro. Stando agli spifferi che si avvertono nei corridoi di Montecitorio, la scena dovrebbe essere la seguente: chiusa la partita sul Recovery, Conte sale al Quirinale, si dimette e avvia una brevissima crisi «pilotata» che però, stando al consigliere di Zingaretti Goffredo Bettini, dovrebbe prevedere un passaggio parlamentare al termine del quale nascerebbe un Conte-ter con ministri in parte nuovi in parte spostati di poltrona, un programma rimaneggiato e una delega (quella importantissima ai servizi di sicurezza) finalmente ceduta dal presidente del Consiglio ad una persona di sua fiducia. Andrà così?

Una crisi è una crisi. La si può pilotare quanto si vuole ma una volta aperta non si sa come si chiuderà. Per questo Conte, non fidandosi né di Renzi né di tutti gli altri, eviterebbe volentieri le pericolose dimissioni per consegnare a Mattarella una lista nuova di ministri e andare avanti così. Per questo è disposto al rimpasto, a cedere sui servizi, ecc. senza per questo avviare un «terzo» governo da lui presieduto. Basta però un nome per inceppare un meccanismo così apparentemente facile: Maria Elena Boschi. Renzi la vorrebbe ministra, lei stessa non disdegnerebbe ovviamente, ma i grillini che contro la Boschi hanno usato tutto il vocabolario degli insulti ai tempi di Banca Etruria, sprofonderebbero nella vergogna a vederla seduta tra Di Maio e Bonafede. È un problema, uno dei tanti. Quanto a Renzi, ormai ha capito che la testa di Conte non la avrà né da Zingaretti né da Di Maio, dunque deve ripiegare sul piano B: far aprire una crisi formale, quella che Conte non vorrebbe, e intestarsi la primogenitura del «nuovo» governo. In ogni caso, difficile per lui evitare la critica di chi gli dirà: hai fatto tutto questo rumore solo per avere un ministro in più.

Come si vede la strada è stretta e deragliare è sempre possibile. Ci sono vecchie volpi di Montecitorio che già prevedono il caos e dunque, fatalmente, le elezioni anticipate che, sulla carta, nessuno vuole, soprattutto chi sarebbe punito dalle urne: Renzi e i grillini. Ecco perché Mattarella vuole mettere al sicuro il Recovery Plan ed esige la sua approvazione immediatamente: perché comunque vadano le cose, non perderemmo i soldi che ci servono come l’aria. Tutti stanno giocando col fuoco, e lo sanno: oggi si comincia, per sapere quando si finirà la fonte più sicura è Frate Indovino.

© RIPRODUZIONE RISERVATA