Quell’Ucraina già di Mosca e gli esodi forzati

l presidente Volodymyr Zelensky ha riconosciuto nei giorni scorsi di aver perduto il 20% del controllo dell’Ucraina, la zona del Paese più ricca di materie prime (produce almeno il 30% del Pil nazionale).

È la fascia Sud dello Stato aggredito, comprendente città come Kherson, Melitopol e Berdyansk ma soprattutto Mariupol, strategica per il controllo dell’area tra Crimea e Donbass. Ma cosa succede nei territori conquistati dal Cremlino? Di fatto sta nascendo un Paese parallelo russo. A Kherson a breve ci sarà un referendum popolare sull’annessione a Mosca. Al posto degli amministratori locali, arrestati, i russi hanno nominato esponenti per procura. Il sindaco di Kherson è stato sostituito con un filorusso pregiudicato. A Mariupol, devastata per il 95%, è stato cambiato nome: per un giorno è stato sostituito con Voroshilovgrad, poi è diventata Zdanov, dal cognome del responsabile della cultura sotto Stalin. Il presidente russo Vladimir Putin ha scelto anche un responsabile dell’Est e del Sud dell’Ucraina: è Sergej Kirienko, nel 1998 fu nominato primo ministro da Boris Eltsin. Si è presentato con queste parole: «I residenti delle zone che abbiamo conquistato devono capire che la Russia non è arrivata temporaneamente, ma che è lì per rimanere».

«I politici locali spariscono, le nuove autorità avvertono che le manifestazioni di protesta saranno considerate atti di estremismo, mentre alcuni ucraini continuano a resistere» ha scritto il «Washington Post»

È lui il promotore della «russificazione» a tappe forzate dei territori occupati, incoraggiando l’insegnamento del russo, l’uso del rublo, il prefisso telefonico russo +7, il rilascio di passaporti e soprattutto attingendo al bacino del programma «Leader di Russia» per piazzare funzionari fedeli al Cremlino nelle nuove amministrazioni. «I politici locali spariscono, le nuove autorità avvertono che le manifestazioni di protesta saranno considerate atti di estremismo, mentre alcuni ucraini continuano a resistere» ha scritto il «Washington Post». Tra i programmi di Kirienko c’è anche la costituzione di un distretto ucraino formato dalle zone conquistate che entrerebbe a far parte della Federazione russa.

Il metodo di combattimento del Cremlino è quello del ’900: le brigate fanno un ampio uso dell’artiglieria, prendendo di mira anche obiettivi civili per terrorizzare le popolazioni e costringerle alla fuga.

È la politica del fatto compiuto: rendere la situazione immodificabile (se non per località di minore importanza) in vista di un negoziato. Le violenze compiute potrebbero però rendere più difficile per gli occupanti mantenere il controllo del territorio nel tempo. «Gli ucraini sono ormai uniti contro l’invasore», ha scritto l’«Economist». Il metodo di combattimento del Cremlino è quello del ’900: le brigate fanno un ampio uso dell’artiglieria, prendendo di mira anche obiettivi civili per terrorizzare le popolazioni e costringerle alla fuga. Nella città di Bakhmut, nel Donbass dove Mosca sta vincendo, sono rimasti 20mila degli 80mila residenti. Quello in atto è un «urbanicidio», la distruzione sistematica di infrastrutture, ferrovie, aree abitate, siti industriali, ospedali. Aaron Clements-Hunt su «Newsline Magazine» ha fatto a un drammatico elenco dei danni che peseranno sul futuro dell’Ucraina, chiunque sarà il vincitore. Mosca finora ha sparato oltre 2mila missili a lungo raggio contro target militari e civili e spende 372 milioni di dollari al giorno per la guerra, secondo una stima del «Moscow Time». La resistenza locale ha scelto di trasformare alcune delle sue città in roccaforti, per un’esigenza bellica ma anche politica: lasciarle in mano all’invasore sarebbe un premio all’aggressione.

Intanto gli ucraini non russofili che fuggono dai combattimenti a Sud e ad Est, hanno poche probabilità di poter raggiungere i territori sotto il controllo di Kiev. Vengono indirizzati in campi di esfiltrazione dove sono interrogati per ore, gli vengono copiati foto e recapiti dai telefonini, ritirato il passaporto dell’Ucraina in cambio di un foglio per viaggiare nell’ex Urss.

Intanto gli ucraini non russofili che fuggono dai combattimenti a Sud e ad Est, hanno poche probabilità di poter raggiungere i territori sotto il controllo di Kiev. Vengono indirizzati in campi di esfiltrazione dove sono interrogati per ore, gli vengono copiati foto e recapiti dai telefonini, ritirato il passaporto dell’Ucraina in cambio di un foglio per viaggiare nell’ex Urss. Quindi caricati su treni verso direzioni ignote: i più fino a migliaia di chilometri da casa, soprattutto in luoghi della Russia sotto abitati, dagli Urali alla Siberia. Per il governo di Kiev sono deportati, per quello di Mosca invece profughi. Di sicuro si tratta di esodi forzati. L’unica intesa fra le due parti è sul numero: finora si tratta di 1,2 milioni di persone, tra le quali 233mila bambini. Non si sa che ne sarà di loro a conflitto finito. Quando giungono a destinazione, nelle stazioni ferroviarie trovano ad attenderli un comitato di «accoglienza»: orchestrine e telecamere. Se non fosse una tragedia sarebbe una farsa.

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