L'Editoriale
Mercoledì 25 Novembre 2015
Profezia e sapienza
nella Chiesa del Papa
Il Papa è in Africa. La scelta non è casuale. L’Africa è una delle «periferie» delle quali egli parla spesso, periferia geografica e periferia per tutto il resto: politica, economia, problemi sociali, guerra, scuola, sanità… Il viaggio è, dunque, in sintonia con i discorsi che il Papa fa sulla Chiesa e con i suoi modi concreti di viverla e di collocarla dentro la società moderna. Papa Francesco, infatti, ha moltiplicato i suoi interventi sia sulla Chiesa, sia su alcuni dei problemi scottanti che il mondo moderno sta attraversando. Sulla Chiesa ha denunciato limiti, chiusure, peccati di ogni tipo.
E non ha avuto paura neppure di citare con esattezza situazioni imbarazzanti nelle quali uomini di Chiesa hanno fatto pessima mostra di sé, come nel caso del recente «Vatileaks» (singolare coincidenza, il viaggio in Africa e il processo per quello scandalo iniziano praticamente insieme). Non è esagerato dire - credo - che uno dei critici più duri della Chiesa è il Papa: mentre commentatori laici la ignorano o la vedono con superiore condiscendenza, il Papa la striglia, impietosamente. Anche nei riguardi della società e di alcuni dei problemi più scottanti il Papa non ha mostrato particolari reticenze. In una delle ultime omelie in Santa Marta ha denunciato il traffico delle armi e, quindi, le responsabilità anche occidentali nella «guerra mondiale a pezzi» di cui ha parlato più volte. Ma ha denunciato anche le ingiustizie di un mercato cieco, che piega alle esigenze del denaro quelle superiori della giustizia e della solidarietà.
Diciamo, in sintesi, che l’atteggiamento dominante del Papa è quella che, in linguaggio biblico, si chiama «profezia». La quale si riferisce immediatamente a una convinzione dettata dalla fede, e, sulla base di quella convinzione, critica ciò che vede. Diciamo che la profezia è forte e semplice insieme. Anzi: più vuole essere forte, più deve semplificare. Papa Francesco non si limita, però, agli atteggiamenti profetici. Critica la Chiesa, ma insieme si dà da fare per riformarla. Il G9, il gruppo di nove cardinali chiamati ad aiutare il Papa per la riforma della Curia romana, si è trovato una decina di volte. È probabile che non abbiano parlato del tempo che fa. Ora questa non è più soltanto profezia, ma tentativo di capire e di fare. Di solito questo atteggiamento viene chiamato «sapienziale». Non solo denunciare, dunque, ma comprendere con la cultura che si respira e fare con gli strumenti di cui dispone. La sapienza diventa decisiva quando il credente parla della politica, dell’economia, della ecologia, della guerra e del terrorismo.
Ora va notato un «dato di fatto» che domina l’informazione sulla Chiesa: gli atteggiamenti profetici del Papa fanno notizia e se ne parla, quelli sapienziali restano sotto traccia e se ne parla poco. Per l’opinione pubblica Francesco è più un profeta che un riformatore. I credenti, soprattutto i più impegnati che lo ammirano molto, tendono a replicare, a loro volta, quello che vedono in Francesco. Risultato: nella Chiesa di oggi pullula la denuncia profetica, scarseggia il fare sapienziale. Con qualche estremo che, qua e là, mi sembra emerga. Molti credenti pensano di aver fatto tutto solo perché hanno criticato molto. E anche quelli che nella Chiesa hanno il compito di pensare, credono di pensare bene perché non si curano del fare. Ora, il rischio finale di questa profezia senza corpo (che non è del Papa, ripeto, ma di una «scolastica» corrente che lo imita male perché lo imita troppo), potrebbe essere una deriva nella quale la Chiesa si distacca sempre più dal mondo perché non gli parla più. A furia di fare profezie, cioè, la Chiesa potrebbe non chiedersi più come e cosa fare e potrebbe, alla fine, correre il grave rischio di parlare solo a se stessa.
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