L'Editoriale / Bergamo Città
Domenica 15 Luglio 2018
Prima gli italiani
Allarmi e numeri
Prima gli italiani è stato lo slogan della campagna elettorale che ha portato la Lega al governo, dopo aver abbandonato il «prima il Nord» dell’era bossiana. Del resto il partito ha smesso gli abiti verde-padano per indossare quelli blu-nazionalisti e sovranisti. La svolta ha premiato Salvini, grazie anche a una campagna mediatica forsennata, tra presenze continue nei talk show e il suo diario giornaliero su Facebook. La campagna però prosegue, con il capo della Lega a occupare la scena oscurando gli alleati pentastellati e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Una smania non solo verbale, ma anche operativa, soprattutto sull’immigrazione, anche se al ministro degli Interni competono pure altre materie importanti, come la lotta al crimine organizzato. Una smania che porta l’uomo forte del governo a compiere inciampi, evidenziando un’impreparazione grossolana su temi delicati. Ospite della trasmissione «In onda», il vice primo ministro ha denunciato, con la certezza che lo contraddistingue, il presunto aumento di violenze compiute da malati psichici, annunciando «la necessità di rivedere un sistema che con la chiusura delle strutture ha lasciato tutto sulle spalle delle famiglie». Parole che hanno costretto alla replica la sobria Società italiana di psichiatria: in Italia non c’è alcuna esplosione di aggressioni da parte di persone con disturbi mentali: non più del 5% dei reati è infatti a loro attribuibile.
Semmai c’è un altro problema: il nostro Stato spende solo il 3,5% del budget della sanità per il settore della salute mentale (nonostante l’aumento dell’incidenza delle malattie psichiatriche) contro il 10,15% di altri grandi Paese europei. Inoltre il modello italiano di assistenza, inaugurato 40 anni fa con la legge Basaglia, è considerato un modello all’avanguardia nel mondo, con una rete capillare sul territorio che assiste 800 mila persone, nonostante un deficit di operatori fino al 75% dello standard previsto. Prima gli italiani: anche quelli segnati dallo stigma della malattia mentale e i loro familiari. A meno che Salvini li consideri solo come portatori di problemi, che scalfiscono l’idea muscolare di una patria senza fragilità. Nel nostro ministro dell’Interno c’è una tendenza irrefrenabile a gridare allarmi non comprovati da cifre. I numeri invece sono utili per definire il perimetro dei problemi e comprendere la direzione per risolverli. Ma la nuova classe politica al governo considera la competenza come un orpello, un freno, se non addirittura un gingillo buono per i dibattiti delle deprecate élite intellettuali.
Avete mai sentito il vice primo ministro ricordare i recenti dati del suo ministero, secondo i quali da gennaio 2018 ad oggi gli sbarchi d’immigrati sono calati dell’80,13% (lo sa solo il 15% degli italiani, secondo un sondaggio di questi giorni; il 50% crede che siano stabili o aumentati) e rispetto al 2017 del 78,29%? Forse perché l’esito va ascritto al suo predecessore Marco Minniti (Pd) o perché quel calo smonta la teoria dell’invasione? Peraltro da gennaio col modello «li salvi la Libia» è cresciuto invece il numero dei morti in mare (1.405), ma è un dato che colpisce una minoranza di italiani. E ancora a proposito di cifre: l’Istat ha ricordato nei giorni scorsi che nel nostro Paese sta per scoppiare una bomba demografica, la vera emergenza. Nel 2050, infatti, ci saranno due milioni e mezzo di italiani in meno e gli over 65, oggi un quarto della popolazione, diventeranno più di un terzo (20 milioni, di cui oltre 4 milioni avranno più di 85 anni).
Nei prossimi dieci anni 8 milioni di anziani avranno almeno una malattia cronica grave come ipertensione, diabete, demenza, patologie cardiovascolari e respiratorie e potranno aver bisogno di maggiore assistenza sanitaria a casa. Poco più del 10% della spesa sanitaria (circa 15 miliardi di euro) va all’assistenza a lungo termine, un dato che ci pone tra i fanalini di coda in Europa. Di questi 15 miliardi, solo 2,3 (l’1,3% della spesa sanitaria totale) sono destinati alle cure domiciliari. Prima gli italiani dunque, ma chi sosterrà queste spese se ci saranno due milioni e mezzo di residenti (e quindi di contribuenti) in meno? Un ultimo dato: il governo Conte in 44 giorni di vita non ha ancora convertito in legge alcun decreto. Gli italiani, prima o poi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA