Pontida va oltre
l’album di famiglia

L’appuntamento è domani a Pontida e sarà interessante capire cosa ancora c’entra lo storico pratone con la Lega di Salvini impegnata a farsi destra nazionalista, come dimostra la guerriglia istituzionale ingaggiata contro l’immigrazione. Pontida, nella Seconda Repubblica, ha rappresentato il rituale padano, folk e naïf, la festa identitaria della Lega di Bossi, ora contro ora dentro le istituzioni: la rimpatriata ruspante ed estetica vissuta nella mistica del territorio, punto di partenza per l’egemonia nel Nordest e per il potere a Roma.

Quella Lega è stata smontata dalle inchieste giudiziarie e il cerchio magico del senatur archiviato con la pulizia fatta da Maroni: ricordate la ramazza andata in scena proprio a Bergamo? Da allora il partito «sindacato del territorio», attento alle rivendicazioni minute, ha cambiato pelle e i leader di quella stagione sono in seconda fila. L’ultrà Salvini ha trasformato il partito-movimento in una destra dura e pura sul modello di Marine Le Pen: populista, fieramente euroscettica, sempre più ostile verso gli immigrati. È il suo tempo. In marcia verso quella velleitaria linea rossa che Bossi, pur tentato dallo sfondamento secessionista di pezzi del Nord, non aveva superato. Una Lega che, esondando nelle regioni rosse, intende farsi italiana.

Le recenti regionali dicono però che lo sconfinamento è riuscito solo in parte arrestandosi all’Umbria, perchè il Sud continua ad esserle precluso. Ma resta pur sempre un partito rientrato in gioco con la ruspa: viaggia intorno al 15%, s’è mangiato buona parte dell’elettorato berlusconiano, Salvini è nelle condizioni di porsi come improbabile federatore del centrodestra e, sulle materie più incendiarie, di essere competitore di Grillo. Nel disegno di questo guastatore gioca probabilmente una convinzione riscontrabile nella realtà e che rende il bossismo superato: la retorica del territorio, dei localismi di varia natura, non regge più là dove mondo global, grande crisi, cessioni di sovranita’ nazionali all’Europa e incessanti flussi migratori restituiscono un potere di comando allo Stato centrale.

Ma allora che senso ha tornare alla nostalgia di Pontida, riaprire l’album di famiglia? Se l’intento era quello di allargare l’orizzonte per parlare a tutto il Paese, per presentare un’offerta politica meno padana e più nazionale, perchè replicare l’amarcord di Pontida? Solo per ricreare un flusso sentimentale fra camicie verdi e felpe salviniane? Per quanto il raduno fosse già in agenda, quel che ha restituito priorità all’agenda nordista è la questione immigrazione, il cui impatto è socialmente più sensibile nelle aree a benessere diffuso. Tornare a casa, cioè a Pontida, vuol dire quindi formalizzare un nuovo orizzonte e trascinare tutto il centrodestra (ecco il forzaleghismo diventare legaforzismo) in una battaglia ad alto tasso di popolarità, capace di seminare il caos istituzionale e lacerare il patto di solidarietà territoriale Nord-Sud. Un salto nel vuoto. Il Nord non più come porzione localistica, ma come questione nazional-europea.

Il capo leghista sembra avere discreti margini di manovra per almeno due motivi. Il primo è il riflesso difensivo dei principali Paesi europei che pensano di arginare l’offensiva populista inseguendola sul suo terreno, chiudendo le frontiere come la Francia e legittimando così le posizioni più estreme.

Il secondo è un certo smarrimento del governo italiano dopo la vittoriosa sconfitta alle regionali. L’atmosfera magica attorno a Renzi, che accusa segni di logoramento, sembra dissolta, il governo ha troppi cantieri aperti, errori come quelli sulla scuola sono stati compiuti e ammessi, qualche falla evidente s’è avuta nella gestione del popolo dei barconi, l’inchiesta Mafia capitale avrà un conto politico salato per il Pd. Quanto all’immigrazione, il premier ha puntato parecchio sul fronte esterno, cioè sul soccorso europeo nella redistribuzione delle quote di 24 mila rifugiati in Italia: un passo necessario e obbligato, ma potrebbe rivelarsi un azzardo se non andasse in porto. Sarebbe un altro ammanco europeo con effetti negativi per il nostro Paese e per l’umanità sbandata dei migranti. E il no alle richieste italiane vedrebbe all’incasso Salvini, pronto a ripartire dal pratone di Pontida.

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