L'Editoriale / Bergamo Città
Domenica 23 Luglio 2017
Politica e territorio
Troppi gli errori
L’approvazione di un bilancio consuntivo non è mai un evento particolarmente rilevante. Si tratta in fondo di una semplice fotografia di uno stato di fatto che oltretutto, come per la Provincia di Bergamo, viene scattata sette mesi dopo la chiusura formale dei conti. In questo caso, invece, trattandosi quasi di un piccolo miracolo che certifica l’esistenza in vita e tutto sommato in salute dell’ente, la cosa rappresenta un fatto virtuoso da segnalare, anche se virtuosi sono stati innanzitutto coloro che nel mezzo secolo precedente hanno investito in aeroporti e autostrade, partecipazioni oggi da dismettere per far quadrare i conti e salvaguardare almeno il ruolo sociale dei bilanci attuali.
Stiamo comunque parlando di una istituzione che tuttora è considerata come un ospite indesiderato, un parente fastidioso, pur avendo riconquistato la sua piena dignità con il referendum del 4 dicembre. Doveva sparire ed invece è lì con il suo secolo e mezzo di storia, senza aver quasi mai dato motivo di scandalo (vedi Regioni) avendo anzi, come a Bergamo, segnalato una classe dirigente di qualità. Esempio molto di attualità quello di Vito Sonzogni. La riforma Renzi/Delrio, due uomini che pur venivano dai Comuni e dalle Province ma molto sensibili al vento anti casta che purtroppo continua a soffiare modificando l’ordine d’importanza delle cose (le elezioni del 2013 furono sulle auto blu…), presupponeva che le Province dovevano sparire, e per accontentare il populismo si era provveduto subito ad eliminare o quasi i politici, sbandierando l’assurdo principio che quei pochi che dovevano lavorare in quella sede avrebbero dovuto farlo gratis.
Anche se poi non erano gratuite le responsabilità, quando una nevicata o un terremoto bloccano il Centro Italia o un ponte cade e risponde un presidente, anche se dimezzato. Il tutto, sostituito da un’assemblea di sindaci che fa fatica a riunirsi una volta l’anno e un Consiglio provinciale non eletto che per forza prescinde dal principio di rappresentanza. Intere zone della Provincia di Bergamo, anche molto grandi, quasi tutta la Bassa e molte valli, non hanno un consigliere che rappresenti i loro problemi.
Eppure può bastare la buona volontà politica di un presidente, in questo caso Matteo Rossi, e in definitiva, in giro per la provincia, la sua fascia azzurra non è mai mancata e l’istituzione ha avuto voce in capitolo con la stessa autorevolezza di un tempo partecipando alle principali partite del territorio. Si può dire che – almeno nella rappresentazione esterna – non ci è accorti che questo ente era stato ufficialmente dichiarato superfluo. Superfluo, in verità, fino a un certo punto, viste le centinaia di milioni che lo Stato ha continuato a chiedere alle province con le leggi di prima del referendum. Leggi che dovranno ora cambiare, restituendo a questo ente il ruolo che la Costituzione gli assegna, prevedendo almeno che i 50 milioni di prelievo dagli automobilisti bergamaschi servano per rattoppare le strade, senza rinunciare al patrimonio, che non è infinito. E restituendo ruolo alla politica, di cui non si può fare a meno, piaccia o non piaccia. Sonzogni era un grande tecnico, ma solo la politica, lo riconosceva lui stesso, poteva ispirare una visione per cui le tangenziali di Bergamo e la stessa Pedemontana erano in fondo un servizio alle Valli.
Bergamo è virtuosa e il suo bilancio lo fa quadrare (anche se il preventivo 2017, ripetiamo 2017, è ancora una scommessa…), ma mezza Italia è sull’orlo della bancarotta e anche qui non si potrà andar avanti soltanto vendendo il patrimonio. Quanto poi alla parte considerata buona della riforma Delrio, il suo fallimento è ancor più clamoroso.
Ci riferiamo all’invenzione delle 15 città metropolitane, ente misterioso e senza anima, per di più anche senza responsabilità. I sindaci di grandi città come Milano (4 milioni di abitanti), Torino e Roma dovrebbero sdoppiarsi in un ruolo metropolitano per il quale non hanno tempo (e meno male che non dovranno fare anche i senatori…) e risorse umane ed economiche, visti per di più con ostilità dai sindaci del loro comprensorio. Doveva essere la grande svolta della suddivisione dei poteri dello Stato. È un nuovo pesante debito finanziario e soprattutto un pasticcio senza identità.
A Milano, Sala – che ha già abbastanza grane a Palazzo Marino – è senza bilancio a Palazzo Isimbardi e dal 30 giugno ha lasciato a casa tutti i precari, avendo già un buco di 50 milioni. Il sindaco renziano di Firenze parla della Delrio come un boomerang clamoroso, e l’ex sindaco Pisapia vede confermata la sua profezia: le città metropolitane sono delle «Ferrari senza benzina». Purtroppo, è peggio di così perché la Ferrari non c’è, è solo un depliant patinato. E non si pensi che la cosa non ci riguarda. Mancano i soldi per finire le tangenziali di Cassano d’Adda e questo si ritorce su una parte importante della nostra provincia.
Non si possono fare riforme magari idealmente giuste ma a futura memoria, sperando in un referendum politicizzato. Questi errori li paga la politica, ma soprattutto il territorio.
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