L'Editoriale / Bergamo Città
Venerdì 16 Febbraio 2018
Politica e destini
delle imprese
Le «Assise generali» dell’industria italiana che si aprono a Verona saranno senza politici, ma non certo senza politica. Anzi, Confindustria avrà molto da dire ai partiti e soprattutto alle coalizioni, non bastando talora fidarsi del programma di un singolo partito, se questo è alleato con chi lo contraddice nell’interpretazione effettiva. Agli industriali, così come agli italiani tutti, peraltro molto scettici, sono arrivati messaggi molto flautati. Miliardi e miliardi, mai di tagli ma sempre di elargizione graziosa.
Certo è che in questo momento di ripresa, gli industriali diranno chiaro a Verona che talune scelte macro economiche, tipiche delle fasi elettorali, rischiano di far perdere di vista la priorità di rafforzare quello che già c’è: un primato del manifatturiero (da sette anni al top), secondo solo alla Germania, una grande spinta dell’export, nonché i primi germi di innovazione 4.0 che consentano di cogliere l’occasione del digitale e non subire la sua forza potenzialmente destabilizzante, se non accompagnata da adeguata formazione. È confortante che il 38% delle imprese investano in innovazione, ma è poca cosa l’8,3% di lavoratori che frequentano la formazione (media Ue, 10,8%).
Gli imprenditori sanno bene che tutto si tiene. Se si mettono in discussione l’euro, anche solo a parole, salta lo spread, sale il costo del denaro che a breve non avrà più la protezione di Francoforte, si sente tutto il peso dell’immenso debito pubblico. Di quest’ultimo nessuno parla, mentre evocare dazi in un Paese esportatore fa venire i brividi a interi distretti industriali, soprattutto a quelli del Nord lombardo e veneto.
Se, via reddito di cittadinanza, il sistema tornasse poi ad essere assistenziale, e abrogando la Fornero tornasse a mettere in crisi i conti prospettici del Paese, le imprese sanno che saranno loro a pagare il conto immediato e le nuove generazioni quello in prospettiva.
Come rilevato dal rapporto Bei proprio in questi giorni, sette imprese italiane su dieci indicano l’incertezza del futuro come l’elemento di più grande preoccupazione. Sarà anche per questo che vogliono tenersi strette almeno le cose buone del passato più recente: Jobs act su tutto, riduzioni fiscali per Irap, super ammortamenti e incentivi del piano 4.0.
Il presidente Boccia è stato drastico anche su talune contraddizioni che vengono dai «colleghi» delle imprese pubbliche, influenzabili da fattori politici. È il caso Acea, il cui «padrone» con casacca 5Stelle ha sottoscritto un contratto che ripristina l’articolo 18. Non era più capitato un simile scollamento dai tempi dei contratti Intersind in dumping rispetto ai contratti privati. Le grandi aziende a partecipazione statale sono entrate in Confindustria proprio per mettersi al riparo da invasioni di campo della politica.
Ci attendiamo dunque, a Verona, una Confindustria preoccupata e sulla difensiva rispetto all’ondata di promesse e al libro dei sogni messo in campo dalla logica del proporzionale. Eppure sarà anche una occasione propositiva, purché la si sappia ascoltare, valorizzando il lavoro svolto in periferia con una serie di incontri durata mesi.
Ma c’è una bussola interessante che sarebbe bene consultare, anche a Verona: il Manifesto congiunto Calenda-Bentivogli, una coppia inedita, forse temprata dalla ricerca di un po’ di buon senso nei conflitti pugliesi su Taranto e sull’oleodotto Tap, palestra di tutte le demagogie e delle italiche pulsioni autolesionistiche.
Ribattezzato Manifesto della «ragione», ha il pregio di ricordare che in questo 2018 ci giochiamo ben più di una improbabile maggioranza parlamentare, ma la scelta tra rafforzare o indebolire il Paese, in un momento chiave del riposizionamento mondiale delle forze economiche. Bastano i titoli del Manifesto: sviluppo delle competenze digitali, crescita degli investimenti industriali, nuove forme di contrattazione, gestione dell’innovazione. Temi di cui non sentiremo parlare negli ultimi comizi, ma l’Agenda è proprio questa… Sempre che le sorti dell’impresa in quanto tale interessino ancora a qualcuno.
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