L'Editoriale / Bergamo Città
Mercoledì 15 Novembre 2017
Politica e banche
bisturi non clava
Vedere Banca d’Italia e Consob l’una contro l’altra armate non è stato un bello spettacolo e ancor meno lo sarà – ora che si apre il fascicolo del Monte dei Paschi – un eventuale, speriamo di no, processo politico in contumacia per l’attuale reggente della Bce, Mario Draghi, magari solo per smorzarne il profilo di salvatore della Patria in caso di governo tecnico. Nel vivo di una campagna elettorale del tutti contro tutti ci sono i presupposti per farci molto male, proprio a crisi acuta del sistema bancario terminata, e nel momento di una ripresa che migliora ad ogni rilevazione Istat (l’1,8% è l’ultima sorpresa). Non fa comunque ben sperare l’accumulo di energia polemica che sta formandosi in casa Bankitalia e Consob, che sono Autorità di garanzia, ma sembrano tentate di far volare gli stracci. E parlano di lettere spedite e non ricevute, mentre la gravità di certi fatti avrebbe meritato contatti immediati e continuativi. I rischi sono sistemici e si teme addirittura che alla fine salti il patto che tiene insieme il sistema finanziario di uno Stato molto indebitato: il Tesoro che colloca, sempre, il rinnovo del suo debito presso le Banche, e quest’ultime che lo incamerano senza dover adeguare il patrimonio, come avviene nel resto del mondo. L’auspicio è che la Commissione d’inchiesta non sia il palcoscenico di una lotta politica fratricida, con una platea che urla «in galera, in galera», compito se mai di una Magistratura che sta già lavorando, e comunque già riferisce di piccoli frammenti di film dell’orrore, a proposito di prestiti disinvolti e ancor più disinvolti destinatari.
La Commissione ha poteri speciali, ma è pur sempre un luogo politico, e dovrebbe quindi ricavare da questa indagine gli elementi per proposte di riforma, che sono urgenti. Il caso Visco ha dimostrato che il Governatore è bene resti in carica per un mandato lungo ma non rinnovabile, per ragioni uguali e contrarie a quelle per cui Einaudi auspicava l’incarico a vita: l’autonomia di chi non ha niente da chiedere e non deve «meritarsi» il raddoppio. E, se lo ottiene, non può restare a lungo se poi diventa il bersaglio quotidiano di critiche. Più complessa, ma resa urgente dal nuovo quadro europeo, la questione delle modifiche che debbono toccare l’Istituto di per sé e in parallelo Consob. Tra i due organismi ci sono sovrapposizioni da definire ma anche aree scoperte, quelle che hanno consentito uno scaricabarile sul transito delle informazioni, e ci sono andati di mezzo i risparmiatori, che firmano prospetti, avvertenze in stile azzeccagarbugli, e alla fine si fidano di sportellisti che ti propongono «prestiti baciati»: ti do il mutuo se compri le mie azioni «sicure» (come le Vicenza vendute a 62 euro e cadute a pochi centesimi). Seguono tragedie di sistema, e umane.
Si deve metter ordine ripartendo dai concetti-chiave di stabilità e trasparenza, su cui le Autorità hanno fatto errori, unico motivo che giustifica il risarcimento a spese del contribuente di risparmiatori truffati, altrimenti non sostenibile in un sistema libero. Banca d’Italia è lì perché deve garantire stabilità, Consob trasparenza. Ma stabilità non può diventare solo riservatezza, metodo giusto purché non occulti la verità, e la trasparenza vera ci può essere se non ci sono conflitti di interesse, se le Banche non sono circoli chiusi e le loro azioni hanno un valore di mercato, non fissato dagli azionisti stessi. Per questo, è stata sacrosanta, quasi una rivoluzione dopo decenni di attesa, la riforma delle Popolari e delle Casse Rurali introdotta dal governo Renzi. Ne è già scaturita una serie di conseguenze indirette – azzeramenti di situazioni marce, risoluzioni, fusioni, cessioni al valore di 1 euro – con costi, non dimentichiamolo, innanzitutto a carico del restante sistema bancario (e dello Stato per Mps, facendolo però diventare azionista di controllo). Ma diciamo che può anche essere un ritorno del mercato, con i suoi automatismi scomodi ma almeno non discrezionali, riservati a ristrette élites.
L’operazione da fare ora è molto sottile, usando il bisturi, non la clava elettorale. Se infatti Bankitalia chiede più poteri, ad esempio per vietare la vendita al dettaglio di prodotti non validati dalla sua Vigilanza, c’è anche un rischio di dirigismo e occorre un punto di equilibrio. E se Consob chiede di conoscere tempestivamente l’esito delle ispezioni della Banca, questo deve conciliarsi con la riservatezza, ma anche con la responsabilità. Se tu trovi una Banca che traballa, cosa devi fare? Dirlo subito e provocare l’immediata fuga dei depositi, oppure tentare di aiutarla a salvarsi anche con una cortina di silenzio? Persino un prestito di due miliardi a Mps fu comunicato due anni dopo, perché il solo fatto poteva essere interpretato come prova di difficoltà (che poi ci sono state lo stesso). È andata proprio così in tanti altri casi, con l’aggravante della politica che ti scanna se denunci, e quindi destabilizzi, ma poi ti critica a posteriori perché hai tardato ad intervenire. Persino la riforma delle Popolari fu definita vergognosa dal governatore del Veneto, ma non solo lui, perché «colpiva» la Banca di Vicenza, gioiello territoriale. È un’utopia dire alla politica di dimenticare le elezioni, ma mettere insieme Banche e comizi non farà bene al Paese. I colpevoli paghino fino in fondo, ma il sistema, ancora in maggior parte sano, deve essere salvaguardato.
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