Pirellone e risparmi
col metodo «nonna»

Il bilancio si fa col bilancino. È fastidioso, persino scomodo, ma non si può comportarsi diversamente in questa lunga stagione di recessione-deflazione-depressione. Fanno fatica a comprenderlo i governatori delle Regioni che sino a un minuto fa lasciavano correre spese pazze.

Spese pazze (quasi tutte regolate dalla legge, il che è ancora più grave) e adesso sono costretti a osservare uno scenario di austerità. Comprendiamo l’imbarazzo del presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, nel dover costringere i suoi esperti finanziari a esercitarsi nella spending review con gli stessi metodi utilizzati dalle nonne quando risparmiavano sul prosciutto o non cambiavano il frigorifero nell’anno in cui c’era da ritinteggiare il tinello.

Ma l’epoca del tintinnio dei dobloni è finita e da anni (almeno cinque) l’italiano medio è alle prese con duri sacrifici per doversi far carico anche questa volta delle economie richieste ai pubblici servizi. Questo per dire che nelle parole dell’esperto politico della Lega troviamo un motivo di preoccupazione e uno di speranza, come di solito accade quando a ragionare è un uomo pubblico che ha metabolizzato il problema e si sta incamminando verso una soluzione.

Motivo di preoccupazione in questa frase: «I tagli di questa manovra avranno una ricaduta difficilmente gestibile sulle spese correnti: quella socio-sanitaria subirebbe un taglio 750 milioni, quella per il trasporto pubblico locale di 155 milioni e tutte le altre politiche di 60 milioni. Siccome nella nostra Regione non ci sono sprechi da eliminare, una riduzione del genere comporterebbe una inevitabile riduzione dei servizi e un aumento della pressione fiscale, che io non ho intenzione di fare».

Motivo di speranza in quest’altra: «Noi siamo pronti a contribuire alla riduzione dei 4 miliardi di spesa pubblica previsti dalla manovra. Non con i tagli lineari, ma con i costi standard. Siamo pronti a mettere a disposizione le buone pratiche della Regione Lombardia: se tutti i cittadini italiani pagassero i servizi al costo di quelli che pagano i cittadini lombardi si risparmierebbero oltre 80 miliardi di euro all’anno».

Lavorare sui costi standard, chiedere alle altre Regioni gli stessi sacrifici e mettere duramente in piazza i cattivi esempi di coloro che fingono di continuare a vivere negli anni Ottanta ci sembrano buone idee. E che questa strategìa sia perseguita dalla Regione leader del Paese, quella che è pur sempre la locomotiva d’Italia con il 23% del Pil nazionale (fossimo in Germania saremmo un laender da primato, altro che Baviera) è consolante. Significa che il senso dello Stato esiste e che per il nuovo Pirellone il cittadino non è un suddito.

Un taglio di 750 milioni nella Sanità mettendo le mani in tasca ai lombardi già prosciugati da mille altri balzelli sarebbe inaccettabile e nessuno finirebbe per darne colpa al governo. Maroni l’ha capito e percorre altre vie, anche perché tra efficienze organizzative negli ospedali, supporti esterni da razionalizzare e costi standard (appunto) di prodotti sanitari, molto probabilmente c’è lo spazio per una cura dimagrante che sia d’esempio per tutti.

Lo Stato ha molto da farsi perdonare e il suo contributo all’abbattimento della spesa (12%) è ancora insufficiente a fronte del 38,5% risparmiato dalle Regioni più serie. Ma che in Regione Lombardia non ci siano più sprechi da eliminare e si debba caricare il peso dei sacrifici ancora una volta sui cittadini, semplicemente non ci crediamo.

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