L'Editoriale
Venerdì 07 Settembre 2018
Piano «b» della Lega
Un partito nuovo
L’ordine ai parlamentari partito da palazzo Chigi – cioè dal sottosegretario Giorgetti, numero due del partito – era chiaro: nessuna polemica coi giudici, nessuna guerra tra politica e magistratura. Questa almeno era l’intenzione iniziale per accogliere nel modo meno devastante possibile la decisione del Tribunale del Riesame di accettare il ricorso della Procura di Genova sul sequestro dei beni della Lega per un ammontare di 49 milioni (cifra corrispondente ai rimborsi elettorali spariti per i quali sono già stati condannati l’ex segretario Bossi, l’ex tesoriere Belsito e tre ex revisori contabili).
Ma la buona intenzione di Giorgetti è durata assai poco. Infatti è venuta meno per mano del numero uno in persona: Matteo Salvini era al Viminale quando è arrivata la notizia del Riesame, impegnato in una conferenza stampa. Le sue prime parole in pubblico (chissà quelle in privato) sono state tutt’altro che concilianti: «I giudici facciano come vogliono, ci colpiscono per fatti che risalgono a tanti anni fa, noi comunque andiamo avanti lo stesso: gli italiani sono con noi».
E già l’ultimissima frase era sufficiente ad infiammare l’altro Matteo, Renzi, che in quel momento si trovava a Ravenna al comizio della festa dell’Unità: «Il ministro dell’Interno risponde a una decisione dei giudici dicendo che lui ha dalla sua parte gli italiani! Dove sono i costituzionalisti in servizio permanente effettivo che accusavano me di deriva autoritaria?».
Poi Salvini ha decisamente travolto i consigli di prudenza e sui social coi giudici è andato giù ancora più duramente: «Dovete temere l’ira dei giusti, occupatevi piuttosto dei responsabili del ponte di Genova, mi state attaccando in tutti i modi ma io non mollo, e sarò ancora più sorridente e inc***to». Frase che è sembrata vagamente minacciosa al procuratore di Genova il quale ha risposto piuttosto piccato.
Che succederà ora? Potrebbe accadere che la Lega rimanga da un momento all’altro senza un euro per andare avanti. Un disastro. Soprattutto alla vigilia della campagna elettorale per le europee. Il piano B, in parte anticipato da Giorgetti, è allora che si dia vita il più rapidamente possibile ad un partito nuovo di zecca prima che il tribunale emetta il provvedimento che dispone il sequestro effettivo dei conti correnti e di tutti i beni di via Bellerio e dintorni per recuperare quei 49 milioni che il Pd definisce «il malloppo».
Se i leghisti riusciranno ad essere più veloci dei giudici potrebbero così salvare i cinque milioni che pare abbiano attualmente in cassa. Si sapeva che questa sarebbe stata la mossa, gira anche un nome, «Partito degli Italiani», che potrebbe essere la nuova dizione della Lega (parola che tuttavia, ha promesso Salvini, dovrà rimanere in qualche modo). L’operazione sarebbe solo accelerata dall’iniziativa dei giudici: in realtà era stata già presa per imboccare decisamente la strada del partito unico del centrodestra da presentare già alla votazione di maggio.
Si tratta di una mossa piuttosto arrischiata: potrebbe rivelarsi un boomerang persino per un leader col vento in poppa come Matteo Salvini, che ha ereditato da «quel» partito, ora condannato, il misero patrimonio del 4 per cento di voti, e l’ha fatto fruttare, stando ai sondaggi, fino ad un luccicante 32.
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