L'Editoriale
Martedì 13 Settembre 2016
Pensione anticipata
Tre mosse e cautela
Si parla molto in questi giorni di riforma delle pensioni. Ciò che è in discussione però in vista della prossima legge di bilancio, e che è stato oggetto ieri di un incontro al ministero del Lavoro fra governo e sindacati, non è una vera e propria riforma del sistema pensionistico. Si tratta piuttosto di quello che viene ormai chiamato con l’acronimo Ape, cioè di norme per ottenere l’anticipo del trattamento pensionistico e di correttivi che vanno in tre direzioni.
Riforma del sistema previdenziale in senso stretto infatti sarebbe quella che rivede le norme generali con relativa incidenza sui conti globali del sistema, e non è la cosa di cui si sta discutendo. Nel nostro caso infatti si opera in tre limitate direzioni. La prima è quella di un intervento di carattere politico che sani uno dei punti dolenti della riforma Fornero, realizzata dal governo Monti nel dicembre 2011 (come parte del decreto Salva Italia che, già nel nome, dice quale fosse la sua finalità generale) per intervenire direttamente sul bilancio dell’Inps, cioè la cosiddetta rigidità in uscita.
Per quel che riguarda le pensioni di vecchiaia la Fornero prevede che gli uomini con almeno 20 anni di contributi versati escano dal lavoro a 66 anni e 7 mesi, limite che vale anche per le donne del pubblico impiego mentre per le donne del settore privato è inferiore di un anno con progressivo innalzamento. Ciò di cui si sta discutendo ora è la possibilità per tutti di andare in pensione fino a 3 anni e sette mesi prima, cioè a 63 anni, con una penalizzazione progressiva sull’assegno pensionistico che copra in pratica i mancati introiti dell’istituto di previdenza.
Una parte invece, ma solo per le pensioni più basse al di sotto di un tetto che dovrà essere trovato e precisato, peserà sulla fiscalità generale. La penalizzazione non peserà nemmeno, come ha garantito il governo ai sindacati, sui lavoratori in cassa integrazione oppure in disoccupazione. Se il primo correttivo incide sugli aspetti per il lavoratore della rigidità in uscita, il secondo consiste nella sua incidenza generale sul sistema produttivo. Il nostro sistema, proprio per effetto della riforma Fornero, ha visto in questi anni – cosa che proseguirà anche nei prossimi in assenza di correttivi – l’età media del lavoratore rapidamente alzarsi con una maggiore incidenza percentuale sul totale dei lavoratori over 60. La nuova correzione dovrebbe permettere di riallineare questa curva con due risultati: il primo dovrebbe essere quello di sgravare personale alle aziende in situazione difficile senza alcun ricorso ad ammortizzatori sociali; il secondo invece dovrebbe essere quello di favorire l’ingresso di forze giovani e fresche nel sistema produttivo per coprire i posti che si vanno così a liberare. Quest’ultimo aspetto, dal punto di vista sociale, è quello certamente più positivo anche se è tutto da dimostrare e, una volta conosciute con certezza le nuove regole, sarà interessante vedere gli studi a riguardo con il calcolo dell’eventuale sua incidenza sia sulla crescita, sia sulla disoccupazione.
La terza direzione nella quale il governo è intenzionato a procedere è quella dei cosiddetti 80 euro in tasca alle pensioni minime. Come sarà organizzato questo contributo non è ancora dato di sapere, ma quello che è certo è che le risorse da poter utilizzare sono limitate e non sufficienti a fornire gli 80 euro mensili a tutte le pensioni minime tant’è che si è già detto che il contributo sarà perciò erogato in un’unica soluzione annua, una sorta di quattordicesima. Per chi e in quali proporzioni è ancora tutto da valutare.
C’è da fare un’ultima considerazione che è piuttosto un consiglio di cautela per i diretti interessati. In questi giorni sono già uscite su alcuni quotidiani e siti tabelle con simulazioni su come sarà l’Ape. Si tratta di tabelle certamente utili per farsi un’idea di ciò di cui si sta parlando e delle sue proporzioni. Il consiglio è però per i nati tra il 1951 e il 1954, coloro cioè che dovrebbero essere interessati dalla normativa che – se approvata in legge di bilancio – partirà dal 2017, a non fare precipitosi calcoli utilizzando queste tabelle. Talvolta basta una virgola inserita nella norma a cambiare radicalmente il senso e i numeri di casi specifici. Meglio quindi per ora non confidare su calcoli che potrebbero risultare alla prova dei fatti totalmente fuori dalla realtà.
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