L'Editoriale
Mercoledì 12 Aprile 2017
Pasticcio Consip
Scontro M5S-Pd
Come molti avevano previsto, si è sgonfiata anche l’inchiesta sugli appalti della Consip (la «centrale» dello Stato per le forniture della pubblica amministrazione), quell’inchiesta cioè che doveva tagliare definitivamente le gambe a Matteo Renzi, già indebolito dall’esito referendario e dalla scissione del partito, attraverso il coinvolgimento giudiziario del padre Tiziano e del suo più stretto collaboratore, il ministro dello Sport Luca Lotti. Ora si sa che quelle indagini si basavano su prove artefatte. Lo ha accertato la Procura di Roma cui sono state affidate le indagini avviate a Napoli dal sostituto John Woodcock. Che Roma non si fidasse di Napoli, e che il procuratore generale della capitale Pignatone non condividesse i metodi investigativi del magistrato anglo-italiano, protagonista di numerose iniziative clamorose ma finite talvolta nel nulla, si era capito quando il mese scorso era stata ritirata la delega di polizia giudiziaria al Noe (Nucleo operativo ecologico) dei carabinieri da anni a fianco di Woodcock: una estromissione dalle indagini di quello specifico gruppo di militari, e non dell’Arma.
Perché il pm Paolo Ielo avesse estromesso i carabinieri napoletani è risultato chiaro ieri quando è emerso che il loro capitano, braccio destro di Woodcock in inchieste-bomba come quelle su Finmeccanica e la cosiddetta «P4», per chissà quale ragione aveva manipolato la prova regina dell’inchiesta, quella che dimostrava che Tiziano Renzi e l’imprenditore (ancora in carcere) Alfredo Romeo si erano incontrati.
Tutto falso: quell’incontro non c’è mai stato, l’intercettazione rivelava altro, probabilmente un fugace colloquio tra Italo Bocchino, ex deputato finiano ora consulente di Romeo e Matteo Renzi nel corso di un concerto, circostanza che peraltro l’ex premier smentisce.
Il capitano del Noe si è rifiutato di rispondere alle domande di Ielo sulle indagini da lui condotte e ora risulta indagato. Non solo, crolla anche una circostanza molto grave che era stata avvalorata da Napoli, e cioè che presunti agenti dei servizi segreti – attenzione: in quanto tali diretti dipendenti dal governo – spiassero le indagini del Noe a carico di Romeo e soci. Anche in questo caso, si è capito che le prove erano fatte di panna montata: le «spie» infatti erano comuni cittadini del tutto estranei a queste cose.
Facile immaginare che ora l’inchiesta si inabisserà, prima mediaticamente e poi giudiziariamente come è successo tante altre volte: i riflettori si spengono perché dalla vicenda escono la famiglia Renzi e il ministro Lotti. Romeo resta invece in carcere per altre accuse. Il Pd protesta e parla di complotto politico-giudiziario finalizzato a dare un colpo micidiale alla rimonta politica dell’ex segretario del Pd in procinto di riconquistare le sue posizioni dopo la sconfitta referendaria. Sia come sia, quel colpo ha mancato l’obiettivo ma ha fatto venire a galla particolari «inquietanti» – l’aggettivo è del ministro della Giustizia Andrea Orlando – su come in Italia talvolta vengano costruite ipotesi accusatorie che possono rovinare persone e realtà economiche. Woodcock e i suoi collaboratori militari ne escono pesantemente delegittimati.
Ma chi perde un bel cavallo di battaglia è il movimento grillino, che aveva subito cavalcato lo scandalo amplificato dalle «rivelazioni» del quotidiano più vicino al M5S, il Fatto Quotidiano, il cui direttore Marco Travaglio si è fatto vedere accanto a Beppe Grillo e Davide Casaleggio nel corso del recente meeting di Ivrea per la presentazione del movimento all’«Italia che conta». Affondata l’inchiesta Consip, sia Grillo che Travaglio hanno però già individuato un altro filone per colpire Renzi e il Pd: in questo caso si tratta di alcune rivelazioni del settimanale tv «Report» di Rai3 su presunti scambi di favori tra il mondo renziano e un imprenditore, finalizzati a sanare i debiti dell’Unità, il giornale del Pd. Anche qui l’accusa è tutta da dimostrare: stanno già per partire le querele di Renzi, del Partito democratico e dell’imprenditore in questione, e oltretutto il tesoriere dem Bonifazi ha annunciato una controffensiva con esposto sul profilo fiscale e societario del blog di Grillo.
La guerra politico giudiziaria tra Pd e M5S si annuncia così ogni giorno più aspra ma molti sono sconcertati dal fatto che in questo scontro sembrano coinvolti, consapevolmente o meno, pezzi dello Stato, della magistratura e delle forze dell’ordine. Facciamocene una ragione: da qui alle elezioni politiche il clima non può che peggiorare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA