Nutrire il pianeta?
Si parta dai poveri

Il miglior modo di onorare Expo 2015 e il suo tema («Nutrire il pianeta, Energia per la Vita») sarebbe quello di garantire, nel nostro Paese, il diritto al cibo, in termini di disponibilità, accessibilità e adeguatezza.

Tale diritto è oggetto di solenni proclamazioni a livello internazionale, tutte puntualmente ratificate in sede interna. Nella nostra Costituzione tale diritto non è esplicitato, così come in gran parte delle Costituzioni dei Paesi avanzati, che forse tendevano a ritenere avviato a superamento il problema; ciò nondimeno, nella nostra Carta fondamentale, esso è ricostruibile intanto a partire dalla tutela del lavoro, che doveva garantire (secondo l’art. 36 della Costituzione) una retribuzione proporzionata e in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

E poi dall’assistenza sociale (art. 38), che doveva garantire il mantenimento agli inabili privi di mezzi. Non si pensi che si tratti di una questione di poco conto, nemmeno dal punto di vista quantitativo. Le rilevazioni Istat del luglio scorso indicano, con riferimento all’anno 2013, che il 9.9% delle persone residenti in Italia vive in condizioni di povertà assoluta. E si tratta di un dato in crescita e che si riferisce - val la pena sottolinearlo - a chi non raggiunge uno «standard di vita minimamente accettabile».

Potremmo forse ingenuamente aspettarci che, proprio in tempi di grave e prolungata crisi economica, l’indirizzo politico del Governo assegni priorità agli interventi e ai servizi rivolti alle condizioni di radicale disagio. Non è così. Anche i fondi destinati ad alleviare le situazioni di forte disagio si sono, nel disegno di legge di stabilità presentato dal Governo, ridotti. Questo vale per il Fondo per le politiche sociali. La riduzione appare applicazione uniforme di un poco sensato principio di taglio di tutte le componenti della spesa pubblica, che risponde a un criterio di distribuzione dei sacrifici su tutti e che va però così a gravare anche su situazioni fortemente critiche, se non già compromesse.

C’è tempo e occasione, nell’approvazione parlamentare, di correggere questa impostazione e di reintegrare il fondo come accadrà per quello ai malati non autosufficienti. Speriamo! E comunque, va riconosciuto che il problema non nasce con il Governo Renzi, che non fa che proseguire una scia di scarsa attenzione. Resta infatti immutato il problema di fondo rispetto al modo in cui nel nostro Paese si contrasta (poco o nulla) la povertà. Le stesse politiche sociali sono spesso pensate in modo da non raggiungere gli strati più poveri della popolazione.

Si prenda ad esempio il famoso bonus di 80 euro per i redditi bassi, cui hanno diritto coloro che nel 2014 percepiscono redditi da lavoro dipendente (e alcuni assimilati) fino a 26 mila euro. Questa misura è solo l’ultima applicazione recente di un diffuso modo di operare che tende a concentrare su interventi di natura fiscale il peso delle politiche sociali, con il risultato però di escludere dal beneficio proprio gli incapienti, non raggiunti né dal bonus, né da eventuali altri sgravi o agevolazioni fiscali.

Per la povertà estrema rimangono gli stanziamenti, insufficienti (40 euro mensili) e stigmatizzati, della «social card» o «carta acquisti», che peraltro raggiungono una platea ridotta di beneficiari; nonché l’assegno sociale, destinato agli anziani ultrasessantacinquenni in condizioni economiche disagiate e le pensioni di inabilità. Per il resto, e cioè per la gran parte dei poveri in età da lavoro, non rimane che rivolgersi ai servizi sociali dei Comuni, che hanno bilanci impoveriti dai tagli e dalle regole della stabilità.

Oppure rivolgersi ai gruppi caritativi, «laici» o religiosamente ispirati. Col rischio poi che, come a Milano Greco, siano contestate perfino le mense dei poveri perché degradano il quartiere. In questa situazione, quanto sarebbe meglio che Expo 2015, anziché alimentare scandali antichi come la corruzione, diventasse l’occasione per rimettere al centro dell’attenzione della politica nazionale e internazionale la condizione degli affamati. Nostrani e non, perché anche la fame affratella.

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