Nel risiko dei cieli
Orio al Serio protagonista

Criterio geografico o criterio quantitativo? Linee di indirizzo o linee di produzione? Fa discutere la decisione presa l’altro giorno dal Consiglio dei ministri di non inserire Orio al Serio tra gli scali di rilevanza strategica individuati dal Piano nazionale degli aeroporti.

L’irritazione è senza dubbio comprensibile - siamo il terzo aeroporto del Paese, con una media di oltre dieci milioni di passeggeri l’anno (più di un milione solo nello scorso mese di luglio) e la nostra curva di crescita nel corso degli anni è sotto gli occhi di tutti -, ma al di là di qualche espressione di stizza, motivata da un sano campanilismo, sembra difficile andare. È pur vero che il Caravaggio, nel suo genere - il low cost - non ha sostanzialmente rivali, ma è appunto la «specialità» di Orio a decretarne di fatto l’impossibilità di poter essere considerato strategico per l’asset aeroportuale del Nord Ovest, tanto più che questo ruolo è stato assegnato a Milano Malpensa, un hub internazionale con una fitta rete di collegamenti continentali e intercontinentali, cui si aggiunge anche una parte di low cost e di voli cargo per il trasporto merci. Scalo alle prese con grossi problemi e mai decollato del tutto, nonostante gli investimenti milionari fatti nel recente passato, ma se il criterio di scelta è quello di una strategicità geografica e non numerica, non di peso, le conseguenze si traggono facilmente. Detto questo, da quando si è iniziato a parlare di un nuovo piano nazionale per gli scali dello Stivale non si registrano particolari prese di posizioni per far si che l’aeroporto bergamasco venisse inequivocabilmente considerato come strategico. Nessuno, pare, abbia puntato i piedi, di conseguenza…

Ma Orio resta pur sempre uno scalo di interesse nazionale, considerato un nodo essenziale per l’attività aeroportuale italiana. Oggi, paradossalmente, ancor di più, anche alla luce di altri due fatti. Il primo è legato ad un’altra scelta fatta giovedì dal Consiglio dei ministri, quella cioè di inserire l’aeroporto di Montichiari nel bacino del Nord Ovest (con Bergamo e Malpensa…) e non nel bacino del Nord Est, scatenando le ire del presidente di Catullo Spa, Paolo Arena, che vede complicarsi la realizzazione dell’aggregazione strategica tra gli scali di Brescia, Verona e Venezia, dopo aver rotto ogni trattativa con Sacbo, la società che gestisce il Caravaggio. Per l’asse lombardo-veneto il problema è serio, anche perché se il Consiglio di Stato non gli darà ragione sull’«acquisizione» di Montichiari (l’assegnazione della concessione dello scalo bresciano alla Catullo), lo scalo andrà sul mercato a gara pubblica (base d’asta 27 milioni e mezzo). Ma a quel punto Montichiari interesserà ancora a Orio? L’interrogativo c’è ed è bello grosso. Una volta il D’Annunzio era l’opzione A di Sacbo, ma oggi, dopo la rottura delle trattative e con la possibile (possibilissima) integrazione tra Sacbo e Sea - un tempo considerata l’opzione B -, le scelte si sono invertite tanto che Montichiari potrebbe essere addirittura diventata l’opzione C, di quelle che non interessano a nessuno. Tra un paio di settimane Stefano Paleari, rettore dell’Università di Bergamo e direttore dell’Icssai – il Centro per la ricerca sulla competitività aeroportuale – consegnerà i risultato dello studio affidatogli per una possibile integrazione tra Sacbo e Sea. Oggi l’accordo sembra possibile e questo consentirebbe a Sacbo di entrare in un grande sistema aeroportuale con una posizione più consona alle proprie capacità (anche numeriche). Certo, a Orio dovrà essere garantita una capacità produttiva e un’autonomia decisionale che consenta a Sacbo di continuare a lavorare per il territorio bergamasco (a cui garantisce 5.000 posti di lavoro più l’indotto…), e su questo gli interessati sembrano essere piuttosto possibilisti.

C’è poi il problema di metterlo a sua volta al riparo da eventuali assalti di chi è in grado di gestire ingenti capitali finanziari, ma su questo fronte lo stesso Paleari potrebbe dare qualche utile suggerimento.

Il secondo fatto è l’annunciata conferenza stampa che Ryanair e Sea terranno il 2 settembre al «Gallia» di Milano per la comunicazione «di importanti novità», di fatto tre voli giornalieri per Londra Stansted, uno per Madrid e uno (assai probabile) per Napoli, con base Malpensa. Pur già annunciate nel gennaio scorso dal patron di Ryanair, Michael O’Leary, di passaggio a Bergamo, il fatto che Ryanair metta piede in un aeroporto lombardo che non è Orio stuzzica la fantasia di molti e apre comunque scenari nuovi. Gli irlandesi hanno «tradito» Bergamo? A Orio non la pensano così. Ryanair ha fatto una scelta a tutto campo, ha deciso di espandersi e di occupare spazi lasciati liberi da altri, continuando a mantenere Orio come base di riferimento e ad onorare il contratto che la lega a Sacbo. Il mercato farà le sue scelte, come le farà la stessa Sacbo. Se Ryanair si potenzia, non è detto che Sacbo si indebolisca: gli occhi per guardare il cielo oltre Dublino li abbiamo anche noi…

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