Montalbano vincente
in un mondo senza stress

Una delle cose più sorprendenti delle tante che si vedono in una puntata del Commissario Montalbano è che ha ancora una Fiat Tipo. Una Fiat Tipo blu per l’esattezza, e verrebbe quasi da scrivere bleu, come si faceva fino a qualche decennio fa, tanto è vintage. La Tipo è un’auto che ha almeno una ventina d’anni, essendo stata prodotta tra il 1988 e il 1995, e da qualche mese la casa madre ne sta proponendo un nuovo modello che di quella conserva solo il marchio.

Quando sulle nostre strade sfrecciava la Tipo, il Muro di Berlino era appena caduto e l’euro era fantascienza. Perciò si stenta a dire se quella del commissario sia euro 2 o 3 o, più probabilmente, non contempli nemmeno questo genere di parametri. Anche perché, a Vigata, più che le polveri inquinanti, di sottili ci sono certe lame che di tanto in tanto fanno secco qualche povero diavolo, e le targhe alterne sono un grattacapo sconosciuto.

Dunque, quella del poliziotto più amato dagli italiani (ascolti oltre i dieci milioni di spettatori, in quota Sanremo o partite serie della Nazionale di calcio) non può che essere una macchina un tantino sgangherata e con i cerchioni ammaccati. Il padrone non è tipo che si formalizza e bada al sodo. Però, questa cosa della Tipo è divertente perché dà l’idea del successo della serie di Raiuno, tratta dai libri di Andrea Camilleri e prodotta dalla Palomar di Carlo Degli Esposti.

Si fa presto a dire «Montalbano è rassicurante». In realtà è molto più di questo. Possibile che riusciamo a invidiare una Tipo blu senza chiusura centralizzata e finestrini elettrici? Possibilissimo, prigionieri come siamo di una tecnologia più croce che delizia. Quella Fiat Tipo è uno status symbol al contrario, sinonimo di indipendenza dalle tendenze, del farsi i fatti propri, di modi spicci ma giusti. Il suo padrone vive in un tempo e in un luogo particolari, quasi una dimensione sospesa tra sole, mare e una schietta cucina mediterranea. Soprattutto, vive senza l’urgenza della contemporaneità: per la critica televisiva categoria discriminante delle fortune di una serie o di un film. Paradossalmente, proprio la non ricerca dell’attualità è uno dei principali segreti del successo della fiction. Tanto più se consideriamo che il vintage non è mai stato così di moda.

Per intenderci, arriva la prima interruzione pubblicitaria e siamo bombardati di spot dei nuovi modelli di Suv e Crossover che sfrecciano tra i grattacieli, con il sistema uconnect e i portelloni che si aprono con un battito di ciglia. Si è da poco concluso il Salone di Ginevra e il settore dell’auto è tra quelli che trainano la ripresa. Ma di tutto ciò, giustamente, Montalbano se ne «strabatte i cabbasisi». Anche perché a Vigata le strade sono semideserte, i semafori non esistono, la Tipo mai che finisca in una coda o incroci un’auto che procede in direzione opposta, nelle indagini spesso si deve avventurarsi su strade sterrate e il doppio bluetooth sarebbe francamente superfluo. Per la verità, serve pochino anche il cellulare. In casa, più spesso a torso nudo in terrazza, il commissario usa un avveniristico cordless, in ufficio un fisso, e dello smartphone non si intravedono neanche gli antenati.

Beato Montalbano. Fa il lavoro che gli piace, mangia, dorme e ogni tanto quella terza cosa con l’eterna fidanzata. Invidia: molto anche per quel vivere con lentezza, per quell’assenza di stress, per il tempo sospeso, i ristoranti in riva al mare con i tavoli sempre liberi e nessuna ressa, le nuotate con l’acqua tutta per lui. Come le strade.

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