L'Editoriale
Martedì 23 Gennaio 2018
Monnezza da Roma
I ritardi e i costi
Quanto costa al Nord aiutare a ripulire Roma? La Capitale, si sa, è sull’orlo di un’emergenza rifiuti simile a quella che colpì Napoli più di un decennio fa. Non si può parlare propriamente di emergenza, poiché è da almeno dal 2000 che si parla di che tipo di raccolta differenziata fare e si vedono ancora i cassonetti stradali che sono una scelta dichiaratamente fallimentare. I cassonetti stradali infatti sono in pratica micro discariche aperte 24 ore su 24 che deresponsabilizzano il cittadino nel fare la raccolta differenziata e partecipare all’economia circolare, quella del riciclo. La forma corretta, lo sanno ormai tutti, è quella del porta a porta calendarizzato.
Una mentalità dura a morire. La sindaca Raggi è andata persino in Tv dalla De Filippi a chiedere ai ragazzi di insegnare la differenziata ai romani. L’Ama, la società dei rifiuti della Capitale, tratta solo un terzo dei rifiuti indifferenziati prodotti e meno del 6% dell’organico. L’Urbe paga anni di rinvii e disorganizzazione: nel 2016 si sono prodotti 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti urbani; di questi meno della metà, circa 700 mila tonnellate, viene raccolta in modo differenziato per poter essere avviata a riciclo. Rimangono quasi un milione di tonnellate di rifiuti indifferenziati che sono avviati a Trattamento meccanico biologico (Tmb) per poter essere successivamente inviati in discarica o a termovalorizzatori. Una catena di economia circolare capace di restituire alla materia il suo valore economico e ambientale al termine del ciclo di vita di un prodotto. Malauguratamente il Trattamento meccanico biologico è inadeguato perché non chiude il ciclo dei rifiuti. Alla chiusura dell’enorme discarica di Malagrotta non ha fatto seguito la creazione di alternative. Per questo oggi l’Ama non è in grado di gestire una parte consistente della raccolta differenziata.
Così non resta che «esportare» i rifiuti al Nord. Un fiume di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti organici ha raggiunto, proveniente dal Sud del Paese, nel 2017, gli impianti del Nord, portando denaro e risorse provenienti dalla frazione umida. Pratica incentivata dal decreto Sblocca Italia che ha privilegiato l’importazione di materiale da fuori, a scapito dei rifiuti locali. Questo naturalmente si ripercuote sui prezzi, che salgono secondo la più classica della legge della domanda e dell’offerta, con danni delle aziende locali che raccolgono i rifiuti, che a loro volta ricaricano le tariffe sui cittadini. Non solo gli inceneritori sono intasati, ma anche i centri di stoccaggio: insomma il caos. C’è da chiedersi se è questo il modo migliore per risolvere i problemi dei romani, ma anche di gran parte delle Regioni del Sud e del Centro, che non dispongono di sufficienti impianti di termovalorizzazione: danneggiare il Nord, creando intasamenti, caos nello stoccaggio, e alzando le tasse dei cittadini che abitano in settentrione, i quali tra l’altro adottano pratiche virtuose nella raccolta dei rifiuti dimostrando grande senso civico.
L’analisi dei dati regionali di raccolta differenziata mostra che le percentuali più alte vengono conseguite dal Veneto, con il 67,6%, e dal Trentino Alto Adige con il 67. Al di sopra del 60% si colloca la percentuale di raccolta del Friuli Venezia Giulia e superiore al 55 è quella delle Marche, della Lombardia e dell’Emilia-Romagna. Livelli superiori al 50% si registrano in Piemonte.
E un caso da manuale in cui il virtuosismo civico e la prosperità economica finiscono per divenire un boomerang. Qui non si tratta di egoismo sociale o di mancanza di solidarietà, ma semplicemente di buon senso e di una legge sbagliata che privilegia i rifiuti esterni. Migliorare il senso civico di Roma, alle prese con la monnezza, trasformando in una discarica il Nord non è una grande idea.
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