Migranti, lo stop
a Salvini e l’Ue

La linea di Matteo Salvini sugli immigrati questa volta ha suscitato le reazioni dei suoi colleghi di governo, in particolare i titolari della Difesa Trenta (M5S) e Moavero Milanesi. Tutto nasce dalla dichiarazione del ministro dell’Interno secondo cui non sarà più consentito l’attracco ai porti italiani alle navi militari dei Paesi europei che aderiscono all’operazione EunavForm Med (detta «Sophia» dal nome di una bambina migrante morta annegata). L’episodio che aveva mosso Salvini a questa clamorosa presa di posizione è quello di un pattugliatore della marina militare irlandese cui l’Italia ha consentito di sbarcare a Messina 106 migranti raccolti nel Mediterraneo. «Una follia» secondo Salvini. Ma Trenta e Moavero hanno immediatamente precisato che qualunque decisione in materia di missioni internazionali non spetta al Viminale ma alla Difesa e alla Farnesina.

Il vertice che si è tenuto a Palazzo Chigi ieri sera con Conte, Di Maio e tutti gli interessati alla vicenda ha confermato questa linea proiettandone le conseguenze sul vertice dei ministri dell’Interno cui Salvini partecipa domani a Innsbruck sotto la presidenza di turno austriaca. In quella sede il capo leghista avrebbe voluto porre la questione con i suoi colleghi, ma non potrà: non solo perché Roma non copre la sua posizione ma anche perché le missioni internazionali vanno discusse in sedi comunitarie nei momenti stabiliti, e il prossimo si terrà al vertice informale di settembre a Bruxelles. Insomma, Salvini dopo aver dettato la linea sui porti, sulle ong, sulle polemiche con altri Paesi – in particolare con la Francia di Macron – su questo punto deve segnare il passo, almeno per ora.

Cionondimento sarà interessante vedere come andrà questo vertice in Alto Tirolo. Lì Salvini incontrerà il ministro dell’Interno tedesco Seehofer e il premier austriaco Kurz, entrambi esponenti della linea sovranista presente nel Ppe, al punto che il primo ha quasi fatto saltare il governo della Merkel per imporre una linea più rigida sui migranti in Germania. E nel confronto tra loro si porrà una contraddizione non di poco conto: gli accordi intra-tedeschi prevedono infatti il ritorno dei migranti non regolari da dove sono venuti: fino al confine che hanno oltrepassato e fino al Paese di prima registrazione. Insomma, un nigeriano arrivato a Monaco dovrebbe essere riaccompagnato prima alla frontiera austriaca e poi a quella italiana. Seehofer e Kurz in un bilaterale di pochi giorni fa si sono ritrovati d’accordo su una cosa chiarissima: chi deve tornare indietro va in Italia. In sostanza, non solo (secondo le decisioni dell’ultimo Consiglio europeo) non ci sarà più obbligo di accogliere una quota dei «nuovi» migranti giunti in Europa, ma dovrebbero essere restituiti all’Italia anche quelli «vecchi». Ecco la contraddizione politica: Seehofer e Kurz sono alleati di Salvini, puntano come lui e come i Paesi del Patto di Visegradd a far prevalere una politica sovranista nell’Unione europea, hanno lo stesso orientamento ideologico in materia di immigrazione, ma i loro interessi sovrani e nazionali confliggono con i nostri, cioè con quelli che Salvini va a difendere: fermare l’«invasione», fuori chi non ha diritto di stare in Europa. Come si risolverà questa contraddizione? Domanda con risposta difficile, se non considerando che nella prossima primavera si terranno le elezioni e che i sovranisti dovranno pur mostrare di essere uniti sui loro obiettivi. Anche di questo comunque deve aver parlato il ministro dell’Interno nel colloquio di mezz’ora che il Capo dello Stato gli ha concesso, su richiesta, solo dopo aver precisato che non si sarebbe parlato né di magistratura né di iniziative giudiziarie a carico della Lega (la questione dei 49 milioni che la Corte di Cassazione ha ordinato di trovare nei conti del Carroccio e ovunque si trovino). Di quello Mattarella non ha voluto sentir parlare anche se comunque aver aperto le porte del Quirinale per un incontro con Salvini va interpretato come un atto distensivo.

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