L'Editoriale / Bergamo Città
Lunedì 17 Ottobre 2016
Maternità surrogata
Non basta proibire
L’ assemblea del Consiglio d’ Europa ha bocciato per la seconda volta una legge che voleva introdurre nei 47 Stati membri la maternità surrogata, cioè la possibilità per una donna di prestare il suo utero per far nascere un bambino commissionato da una coppia eterosessuale o omosessuale che non può avere figli. Tale pratica è resa possibile dalla fecondazione eterologa dove l’ ovulo femminile o lo sperma maschile vengono forniti da un donatore esterno alla coppia. Se poi la madre surrogata offre lei stessa l’ ovulo per la fecondazione diventa anche madre biologica del nascituro.
Tutto questo avviene tramite un contratto sottoscritto da ambo le parti dove è indicata anche la cifra pattuita e l’ eventuale clausola di rescissione se il figlio non è sano. Come si può vedere siamo di fronte alla produzione e alla vendita di un bambino per assecondare il desiderio di chi vuole avere un figlio a tutti i costi.
Nonostante questo i sostenitori della maternità surrogata hanno insistito sulla presunta differenza tra l’ utero in affitto per uso «commerciale» e l’ utero «gratuito». Ora anche se una donna offre gratuitamente il suo utero non toglie il fatto che la si stia usando per mettere al mondo un bambino che poi le sarà portato via. La donna viene ridotta a incubatrice e il bambino equiparato a cosa da produrre. Neppure un accordo «gratuito» può recidere quel legame naturale che si crea tra la madre e la sua creatura nei nove mesi dell’ attesa. La bellezza del generare una nuova vita e la dignità del corpo della donna non possono finire nel mercato dei desideri di chi può pagare.
Se l’ Europa non vuol più sentire parlare di uteri in affitto in Italia cosa succede? Da noi la legge 40 del 2004 vieta la «gestazione per altri», ma può essere facilmente aggirata. Per avere un bambino basta andare in un Paese dove la maternità surrogata è permessa, presentarsi alla frontiera dichiarando di esserne i genitori. Se la cosa viene contestata ci si rivolge a un tribunale che di solito assolve la coppia etero o omosessuale che sia, per il maggior «interesse del minore». Esistono già circa dieci sentenze di tribunali in questo senso. Questo perché il divieto vigente in Italia si limita a punire eventuali strutture mediche che dovessero praticare la maternità surrogata entro i confini nazionali e non già i «committenti». Dopo quanto deciso a Strasburgo la legge 40 andrebbe riformata per evitare il giochetto dell’ espatrio e dell’ immediato rimpatrio una volta ottenuto il bambino. Si dovrebbero stabilire delle sanzioni certe e chiedere ai giudici di applicarle. Altrimenti ciò che si è mandato fuori dalla porta rientra poi dalla finestra. Tuttavia ben sappiamo come non basti proibire una pratica per far crescere una maggiore responsabilità attorno al generare. Chi è intervenuto nel mettere al mondo un bambino ha il dovere di essere in relazione con lui e parimenti chi è messo al mondo ha il diritto di rivendicare la relazione con chi l’ ha generato. Ne va della propria identità e storia personale. A livello culturale serve un nuovo slancio di umanità per creare una mentalità più rispettosa delle donne e più attenta ai diritti dei più deboli. A livello politico servirebbe il coraggio di immaginare il futuro della nostra società partendo dalla famiglia, favorendo maternità, adozione e affido.
I parlamentari italiani del Pd, grillini, leghisti, forzisti e del partito misto che al Consiglio europeo hanno votato uniti contro la maternità surrogata hanno riscosso l’ ammirazione di Sophia Kuby, presidente dell’ Adf International, un consorzio giuridico specializzato nella difesa della dignità umana, che ha detto: «Dall’ Italia è giunto un segnale molto incoraggiante. Da loro è giunta una dose di speranza per tutto il continente». Perché non essere di nuovo uniti sulle questioni fondamentali: vita, famiglia, lavoro, anche in patria?
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