Ma i robot migliorino
le nostre esistenze

Due giorni fa, all’inaugurazione dell’anno accademico della nostra Università, si è verificato un evento piuttosto insolito. Per un attimo, l’aula magna di Sant’Agostino, il meraviglioso teatro delle nostre cerimonie accademiche, si è trasformato in un set di fantascienza. La lezione del professor Cingolani su «umani e umanoidi» è stata infatti preceduta dall’esibizione, che ha lasciato la platea a bocca aperta, di un vero e proprio simpatico robottino animato. Nel suo intervento, il professor Cingolani ci ha rassicurato sul fatto che l’automa non rappresenti e non rappresenterà mai una vera minaccia per gli umani.

Il direttore dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova ha poi proseguito mostrando ai presenti alcuni degli impieghi straordinari dei non umani. Ci ha raccontato, ad esempio, come costoro possano entrare nelle case terremotate registrando le crepe nella struttura dei muri; ci ha mostrato, in un video, come l’istallazione di un arto artificiale progettato dal suo istituto abbia permesso ad un uomo che da molti anni era privo di un braccio di mangiare finalmente da solo, senza l’assistenza di un badante.Siamo quindi di fronte ad un’innovazione meravigliosa, che può indubbiamente migliorare la qualità delle nostre vite. Ad una condizione, che Cingolani non poteva citare ieri, ma che è doveroso aggiungere. Essa consiste nella necessità che a queste bellissime innovazioni tecnologiche si accompagnino delle altrettanto profonde innovazioni sociali e politiche. Perché se è vero che, per fortuna, gli automi non potranno sostituirsi agli umani nel governo della società, è però altrettanto indubitabile che potranno sottrarre al genere umano un certo numero di mestieri ed occupazioni, come nel caso della badante evocata ieri da Cingolani, che fino all’altro giorno imboccava il disabile e oggi rischia di essere disoccupata.

Questo scenario potrebbe concretizzarsi perché, come è già avvenuto in molti comparti industriali, il lavoro del robot costerà di meno e renderà quindi di più di quello di un essere vivente in carne e ossa. E allora il quesito per noi diventa il seguente: chi incasserà i proventi dell’automazione? Se questi finiranno tutti nelle tasche di quegli imprenditori che sostituiranno il lavoro umano con quello degli automi noi peggioreremo la nostra situazione sociale, aumenteremo il disagio e le diseguaglianze tra datori di lavoro sempre più ricchi e disoccupati sempre più numerosi e poveri. Se invece il guadagno che deriva dall’impiego dei robot lo redistribuiremo, almeno in parte, in tutta la comunità, soprattutto per sostenere la riduzione degli orari di lavoro o la retribuzione di lavori sociali utilissimi per la collettività, ma non generatori di profitto, beh allora avremmo davvero colto una magnifica occasione per vivere meglio.

Il mio sogno è quello di un mondo dove le strepitose creazioni dell’ingegno umano, perché questo sono i robot, permetteranno a tutti noi di allungare mediamente i tempi dello studio e della formazione, di lavorare di meno, e quindi di coltivare le nostre passioni, i nostri interessi culturali, artistici, spirituali, gli amori e le amicizie, o di fare dei lavori che ci piacciono di più, nei quali sia implicata una minor fatica, che riducano i rischi per i nostri corpi, che valorizzano di più la nostra intelligenza. Qualcuno sarebbe un po’ meno ricco, ma tutti avremmo il vantaggio di vivere in un mondo dove questo e altri cambiamenti non spaventano e dove ci saremmo gettati alle spalle il vero grande nemico delle nostre società, la causa primaria di tante delle mostruosità sociali e politiche che hanno funestato l’ultimo secolo, della solitudine e dell’angoscia ancora troppo diffuse: l’orrore della disoccupazione.

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