Lotta alla povertà
Passo importante

Ieri si è aperto un capitolo importante nella storia del contrasto alla povertà in Italia. Il Consiglio dei ministri ha infatti approvato definitivamente il decreto legislativo che introduce il Reddito di inclusione (il cosiddetto Rei). Sarà pienamente operativo dal primo gennaio 2018. Si tratta della messa in pratica di un lungo processo approdato a un’intesa firmata nell’aprile scorso dal governo e dalla cosiddetta Alleanza contro la povertà, un arcipelago di associazioni laiche e cattoliche, 35 in tutto, che va dai sindacati all’Azione Cattolica, dalla Sant’Egidio alle Acli, comprese la Caritas, Save the Children e molte organizzazioni del Terzo settore.

Si parla spesso della centralizzazione della politica, sempre più accentratrice, e della cosiddetta «disintermediazione dei corpi intermedi», che non è uno scioglilingua ma il processo di indebolimento di tutti quegli organismi, dalle associazioni ai sindacati, che stanno tra il cittadino e le istituzioni.

Il Rei, una volta tanto, va in direzione opposta e rappresenta un traguardo importante. Inutile far notare l’apporto del cattolicesimo politico e sociale in una legge come questa, che rappresenta un traguardo importante e si inserisce pienamente nel cattolicesimo popolare e nella dottrina sociale della Chiesa. Ma vediamo qualche aspetto del Reddito di inclusione.

La misura si rivolge a una platea di 400 mila famiglie, pari a circa 1,8 milioni di persone, in pratica un italiano ogni 33, bambini compresi. Si tratta, dati Istat alla mano, di meno della metà del pianeta della povertà estrema in Italia, che raggiunge quattro milioni e mezzo di cittadini, pari al 6,1 per cento delle famiglie italiane. Ma è pur sempre un grande passo avanti sulla strada della tutela e della protezione sociale. La via è stata segnata e anche i governi delle prossime legislature, di qualunque maggioranza politica, non potranno ignorare una legge così importante e un precedente di questa portata.

Il Reddito di inclusione sociale sostituisce il Sia, acronimo di Sostegno all’inclusione attiva. L’importo dell’aiuto corrisponde al massimo a quello dell’assegno sociale per gli over 65 senza reddito, pari a 485 euro al mese, a seconda del numero di componenti familiari (hanno priorità le famiglie con figli minorenni, a maggior ragione disabili, le donne in gravidanza e i disoccupati over 55). Una persona sola, in pratica, può arrivare a 190 euro di sussidio, un capofamiglia con più di cinque figli arriva a percepire 490 euro.

Il nucleo familiare del richiedente dovrà avere un valore dell’Isee, in corso di validità, non superiore a 6.000 euro e un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20.000 euro. Come si vede non si tratta certo di cifre che permettono di diventare ricchi, e probabilmente nemmeno di riconquistare la dignità economica perduta. Ma è indubbio che sono un risultato concreto nell’Italia e nella politica delle chiacchiere cui siamo abituati da tanti anni. E certamente aiuterà chi versa in condizioni drammatiche da anni in questa lunga crisi che ha eroso il reddito delle famiglie italiane facendo sprofondare nella miseria quelle meno abbienti.

Infine, dal punto di vista macroeconomico, dovrebbe incrementare la domanda interna attraverso una certa ripresa dei consumi, soprattutto alimentari, favorendo il tradizionale circolo virtuoso consumi-produzione-occupazione. Si tratta di cittadini che vivono in condizioni di sussistenza, poco o punto propensi a risparmiare, ma a spendere per necessità.

Dunque uno strumento universale ma selettivo, durevole 18 mesi (rinnovabili, ma secondo criteri ben definiti) e finalizzato alla ricerca di un’occupazione, attraverso un progetto personalizzato per ciascun avente diritto. Per evitare che ci si ritrovi invischiati nella cosiddetta «trappola della povertà» il sostegno economico, almeno in parte, è previsto anche per chi riesce a trovare un’occupazione.

Infine una postilla: il Reddito di inclusione non va confuso con il Reddito di cittadinanza, che è tutt’altra cosa. Un conto è aiutare temporaneamente chi ha perso la sua dignità economica e si trova in una situazione di povertà estrema attraverso una piccola integrazione e un altro promettere una rendita fissa a tutti coloro che hanno perso o non hanno mai trovato un lavoro.

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