’Ndrangheta in lombardia
La mafia 2.0 fa sistema

Lombardia, terra di ‘ndrangheta. Lo si sapeva, non è certo una novità, ma il quadro descritto ieri dal procuratore aggiunto della Procura distrettuale antimafia Ilda Boccassini è davvero impressionante, al di là della retata degli arresti eccellenti (sindaci, consiglieri regionali, amministratori, imprenditori) sui quali, come sempre, vale la presunzione di innocenza fino all’ultimo grado di giudizio. Ma gli inquirenti sono sicuri degli «elementi» ed è il quadro che è davvero inquietante, il «contesto» direbbe Sciascia. La Boccassini ha sottolineato la «facilità estrema di infiltrarsi

nel tessuto istituzionale» degli appartenenti ai clan. «Dopo sette anni sappiamo che è sistema», dice il magistrato della Dda di Milano, la donna che ha fatto arrestare gli assassini di Falcone. L’indagine sfociata con 27 provvedimenti di custodia cautelare è una costola dell’inchiesta «Infinito», che aveva sollevato il velo sui rapporti tra i clan calabresi e i «colletti bianchi» in Lombardia. È la ‘ndrangheta di sempre, non dobbiamo pensare che si tratti di mafiosi ingentiliti dalla nebbia del Nord, anche se qualcuno di loro si veste in giacca e cravatta. La Boccassini sottolinea come gli ‘ndranghetisti siano «brutalmente e stupidamente violenti», di una violenza cieca che però produce terrore nelle sue vittime.

I loro padri putativi sono quelli che negli anni ’70 e ’80 incutevano il terrore in Brianza, nella Bergamasca e nel Varesotto con i sequestri di persona, come Cortellezzi, il ragazzo mai più ritornato nelle braccia della sua famiglia, che rapivano gli imprenditori o i loro figli e li nascondevano nelle porcilaie alle pendici dell’Aspromonte. Che negli anni ‘90 dominavano il ciclo del cemento nei Comuni satellite a Sud di Milano, in stretto rapporto con la madrepatria calabrese, la Locride, Reggio Calabria, i paesini alle falde dell’Aspromonte come Platì o San Luca. Quella di oggi non è una ‘ndrangheta molto diversa, anche se vengono meno i riti tradizionali, familisti, quella sedicente lealtà che lega i mafiosi ed emerge sempre di più «la convenienza» da parte chi si rivolge all’anti Stato per ottenere benefici: denaro, potere, voti di scambio. Tra l’altro la radice mafiosa è talmente forte, radicata, che l’azione dello Stato non fa da deterrente. Il dato raccontato dalla Boccassini su questo è illuminante: «Le persone che erano sfuggite all’inchiesta Infinito hanno continuato a essere quelli che erano: mafiosi che agivano, che hanno commesso e commettono reati e quindi un altro dato preoccupante è che si comincia, si nasce, si va avanti e solo la morte mi porta in una condizione di essere una persona diversa». Anche perché, è l’amara constatazione del magistrato, non ci sono pentiti.

Sulla brutalità denunciata dall’aggiunto della Dda ha parlato anche la collega Alessandra Dolci (sempre di più donne in prima fila contro i clan): «La mafia non è silente. Non lo è al Sud e nemmeno al Nord. È così poco silente che nella piazza centrale di Cantù ci sono pestaggi, violenze e soprusi della ‘ndrangheta senza alcun ritegno». La mafia la senti, la senti nell’aria, la vedi negli uomini. C’è un episodio eloquente della brutalità di questa gente. In Brianza il titolare di un bar, dopo l’ennesima consumazione non pagata da parte di esponenti di una famiglia ‘ndranghetista, si presenta nel loro locale per lamentarsi. Per tutta risposta alcuni membri della famiglia si ripresentano nel suo bar, chiedono un vassoio di bevande e poi rovesciano tutto per terra. In quel momento l’imprenditore non aveva ancora denunciato ai carabinieri. «I militari di Cantù hanno fatto un lungo lavoro per convincere le vittime a denunciare, la paura e l’omertà erano e sono un muro difficile da rompere». È questa la ‘ndrangheta 2.0, un sistema che ha radici nelle ‘ndrine calabresi («al momento la barra resta sempre in Calabria, non ci sono scismi», spiega il magistrato) ramificato in Nord Italia, capace oltre che dedicarsi ai consueti traffici di stupefacenti di influenzare la politica e di trovare alleanze preziose per arrivare ad appalti, commerci, riciclaggio del denaro sporco, insinuante ma all’occorrenza violenta e spregiudicata.

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