L'Editoriale / Bergamo Città
Lunedì 24 Dicembre 2018
Lo sguardo di un bimbo squarcia l’oscurità
Gli auguri di Natale del vescovo Beschi
Le mille luci che si accendono a Natale dicono del bisogno e del desiderio di luce. Sono le notti più lunghe dell’anno e non ci basta la luce delle stelle: accendiamo le nostre luci.
Un tempo era la fiamma delle candele che ornavano l’albero natalizio, oggi sono luci tecnologiche che illuminano case, vie e piazze, sommandosi alle incalcolabili lampade che già illuminano le nostre città.
Questo bisogno di luce rivela l’insopportabilità del buio. L’oscurità alimenta paura, sospetto, angoscia. L’oscurità è coltre che copre ciò che non deve essere scoperto. L’oscurità del cielo, della notte, dell’eclissi o della spessa coltre di nubi diventa rappresentazione di oscurità personali e sociali che alimentano sentimenti ben più preoccupanti. Non basta moltiplicare lampade di ogni genere che illuminano a giorno case e strade e piazze: se fosse così dovremmo sentirci decisamente rassicurati. L’abbondanza di luci, rivela la loro insufficienza e il bisogno di un’altra luce, probabilmente una luce che illumina da dentro e non semplicemente da fuori.
È la luce che illumina lo sguardo: lo sguardo di un bambino, di un innamorato, di una persona sollevata dal suo peso. È la luce della scienza, della conoscenza, della competenza, della ragione e della verità. È la luce dell’onestà, della libertà, della giustizia e della pace.È la luce della bellezza della persona, dell’arte, della natura. È la luce dell’amore, della solidarietà, dell’altruismo e del perdono. È la luce della cordialità, della condivisione, della gratuità e del dono. Ogni volta che in noi e attorno a noi accendiamo qualcuna di queste luci, possiamo riconoscere con gioia che il mondo, la storia, la vita sono meno bui. Ogni strada o piazza o casa della nostra vita saranno illuminate da queste luci.
L’immagine più adeguata a queste luci è quella delle stelle: minuscole, incalcolabili, pulsanti e gentili come loro. Anche una ci basta, ma quando il cielo si illumina di una moltitudine, il cuore di ciascuno si apre alla speranza e mentre gioisce di questa meraviglia, si dispone a quella del sorgere di un giorno nuovo. Le luci abbaglianti ci accecano e ci insospettiscono: sono luci violente, prepotenti, sconcertanti e irritanti. Succede come quando ci abbagliano i fari che incrociamo e con istinto alziamo anche i nostri, esponendoci alla fatalità del disastro.
Un’inquietudine rimane, a volte nascosta, dimenticata, addomesticata: ogni luce si spegne. È il buio il nostro destino? Il fascino della Notte di Natale, capace di attrarre molti alla Grotta di Betlemme, ci introduce alla possibilità di intravedere una luce minuscola che sembra non spegnersi mai: è la luce di un bambino che nasce, di una vita che comincia. È luce capace di accendere un firmamento di luci, di generare e rigenerare vita. È la luce di Dio, che pulsa nel corpo di un uomo che nasce: lo chiameremo Gesù. Non è abbagliante, è una luce gentile, come pregava un moderno Padre della fede: «Guidami tu, luce gentile, attraverso il buio che mi circonda, sii tu a condurmi! La notte è oscura e sono lontano da casa, sii tu a condurmi! Sostieni i miei piedi vacillanti: io non chiedo di vedere ciò che mi attende all’orizzonte, un passo solo mi sarà sufficiente» (Card. J. H. Newman).
Il mio augurio è che i vostri occhi siano illuminati da questa luce: lo sguardo di un bimbo non lo dimenticheremo. È luce che squarcia la notte. È sguardo di Gesù dalla Grotta. Vi raggiunga, vi illumini, accenda il vostro: Buon Natale
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