L’Italia del pallone
e il goal alla logica

Se il calcio fosse solo logica, l’Italia che oggi si siederà in poltrona per vedere Francia-Romania, antipasto dell’Europeo, saprebbe già come andrà a finire: vinceranno gli altri, e noi che siamo più simpatici dei tedeschi, più affamati degli spagnoli e più brillanti dei francesi andremo a casa ai quarti di finale, come dicono tutti i sapientoni del pallone. Ma la fortuna è che il calcio non è logica, altrimenti non avremmo appena festeggiato i dieci anni della vittoria nel Mondiale del 2006. E Pertini, tornando dalla Spagna nel luglio 1982, non avrebbe rimproverato Bearzot solo per il sette giocato male

E Pertini, tornando dalla Spagna nel luglio 1982, non avrebbe rimproverato Bearzot solo per il sette giocato male in quella mitica partita a scopone sul Dc9 presidenziale. Se il calcio fosse solo logica, diciamolo, gran parte dei trionfi calcistici della nostra storia sarebbe rimasta nel mondo dei sogni. Invece è realtà: ecco perché ci andremmo cauti, prima di dire che l’Italia, stavolta come agli ultimi due Mondiali eccetera eccetera, farà bene a lasciar caldi i motori dell’aereo, che tanto si tornerà a casa ben presto. Calma, il calcio ama stupire, e l’Italia in questo non ha eguali: quando tutti pensano che siamo cotti, arriva il colpo di coda. Spesso, non solo di coda.

Certo, certo. Questa Italia è tutto fuorché uno squadrone di campioni. Ci sono buoni giocatori, la difesa della Juventus in primis. Il resto, diciamolo, è un po’ tenuto insieme, a partire da un ct che nazioni con lo stomaco più delicato del nostro, dati i precedenti con la giustizia sportiva, avrebbero serenamente lasciato a casa. Ma l’Italia, e il suo calcio a maggior ragione, digerisce pure le pietre, figurarsi una squalifichetta per omessa denuncia. Abbiamo un portiere in età da giardinetti o quasi, un centrocampo con un numero 10 di risulta, riserva delle scorte delle riserve, dati gli infortuni di tutti i più forti. E un attacco senza un bomber comprovato. Zaza, per dire, ha scaldato la panchina più che il cuore dei suoi tifosi. A noi farà piacere vederlo in campo, ricordando da dov’è partito, giovanotto tutto talento e ribellione: Zingonia. La sintesi è questa: se si guarda la squadra, se si applica la logica al calcio, allora l’Italia non va lontano. Deve guardarsi già nel girone dal talento del Belgio, sicuramente tra le favorite, dalla grinta affamata dell’Irlanda, dall’imprevedibile Svezia di Ibra. Ma passato il turno, e ci mancherebbe pure di non passarlo, sarà tutto un terno al lotto. Potremmo trovare la Germania nei quarti, e tutti a dire: è lì che torneremo a casa. Veramente, la storia dice che è la Germania, contro di noi, ad aver quasi sempre comprato il biglietto di ritorno. Più in là è impossibile guardare, un po’ per sfiducia, un po’ per scaramanzia, un po’ perché il calcio non è logica e quindi chissà, cosa sarà.

Non ci resta che sperare che questa Nazionale diventi la «provinciale» terribile dell’Europeo, una squadra che non si specchia nella sua classe perché rischierebbe di vedere niente di ché, e che punta tutto sul resto: la grinta, la voglia di arrivare col cuore dove il talento non ti porterà mai, perché non c’è.

Auguriamoci dunque di essere la sorpresa di questo Europeo. Magra speranza, per alcuni, ma le vittorie hanno un gusto più dolce quando arrivano dal basso, non quando calano dall’alto del favore dei pronostici. Forza questa Italietta, dunque: non facciamogli vedere chi siamo, che non è il caso, ma chi possiamo essere quando ci crediamo. È la specialità di casa Conte, d’altronde: la sua Juve ha sempre vinto con una fame più da provinciale che da vecchia signora del pallone. Ricordiamoci la faccia impertinente e invincibile di Fabio Grosso in quelle notti tedesche. Coraggio, ragazzi: per fare bene c’è veramente poco. Quindi, quasi tutto.

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