L'Editoriale
Venerdì 30 Giugno 2017
L’indifferenza dell’Europa
L’eroismo dell’Italia
La fine del Ramadam, la bella stagione, il mare calmo: la congiuntura di tutti questi fattori, in aggiunta a quelli strutturali, ha fatto scoppiare una nuova emergenza migranti. 12 mila ne sono sbarcati da 22 navi tra il 27 e il 28 giugno. Altre migliaia arrivati ieri, in particolare in Calabria. In numeri assoluti siamo poco sopra i dati del 2016, che era stato l’anno record per quanto riguarda gli arrivi. Sono tutti motivi che hanno spinto il governo italiano a interpellare formalmente il commissario europeo per le migrazioni, Dimitris Avramopoulos sul tema degli sbarchi.
La questione è legata alle regole che di fatto obbligano le navi che effettuano i salvataggi ad approdare in porti italiani. Le navi di Frontex, la missione europea, ne sono costrette perché sono vincolate dagli accordi sottoscritti nell’ambito dell’operazione Triton, mentre le navi delle Ong applicano le regole della Convenzione di Amburgo del 1979 che prevedono, in caso di soccorso in mare, l’approdo nel primo porto sicuro. Per cambiare le regole di Triton ci vuole un voto all’unanimità del Consiglio europeo, cosa di questi tempi molto difficile, con i Paesi dell’Est allineati sulla filosofia dei «muri».
Quello che sta accadendo è anche sintomo dell’inefficienza e dell’inefficacia dei recenti accordi firmati tra la polizia italiana e quelle della Libia e di altri Paesi sahariani e del Corno d’Africa. Accordi firmati con interlocutori inaffidabili dal punto di vista politico e soprattutto dal punto di vista dei diritti umani. Per di più dall’inizio del 2016 con la chiusura della rotta balcanica, grazie proprio alla linea intransigente dei Paesi dell’Est, il tratto di mare fra Libia e Italia è diventato il canale principale della migrazione verso la vecchia Europa.
Così il nostro Paese si è trovato in prima linea a dove far fronte all’ondata crescente di migranti, avendo alle spalle un’Europa sostanzialmente indifferente.
Il cambio di guardia al Viminale avvenuto con il governo Gentiloni ha visto avvicendarsi Alfano, più portato a una linea tollerante, con Marco Minniti che invece ha un approccio più intransigente. A completare il quadro c’è anche l’esito disastroso per il Pd, il partito di Minniti, delle ultime elezioni amministrative: e sul voto ha certamente influito una diffusa esasperazione delle persone di fronte alla lunga emergenza dei migranti.
Questo quadro spiega perché proprio da Minniti sia arrivata la minaccia agli altri Paesi europei di non far più attraccare le navi delle Ong straniere nei porti italiani; una minaccia che, come abbiamo visto, ha poche possibilità di essere attuata ma che suona più come un ultimo appello alle autorità europee.
Dall’Europa per ora sono arrivate solo le belle parole del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker. «Non lasceremo sole Italia e Grecia, dobbiamo compiere ogni sforzo per aiutare queste nazioni che sono eroiche nell’accoglienza dei rifugiati», ha detto. Ma mentre le agenzie battevano queste sue parole arrivava la presa di posizione del trionfatore delle recenti elezioni francesi, Emmanuel Macron che sostanzialmente scaricava sull’Italia il problema dei «migranti economici».
La Francia, ha detto, è pronta a fare la sua parte sui richiedenti asilo politico. Sugli altri, che rappresentano l’ottanta per cento dei migranti, invece si tira indietro. E le conseguenze immediate e concrete si sono viste con gli interventi della polizia francese nei giorni scorsi al confine di Ventimiglia. Se la Francia si sfila l’Italia rischia di trovarsi ancora più sola e più debole. Unica a salvare la dignità di un’Europa indecorosa. Ma intrappolata in questo suo obbligatorio «eroismo».
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