L'Editoriale
Lunedì 09 Maggio 2016
Libero scambio
Usa contro Europa
Sul trattato di libero scambio è scontro tra Stati Uniti e Europa. Dopo alcuni anni d’intense trattative, nel giugno 2013 Stati Uniti ed Unione europea hanno ufficialmente avviato i negoziati per l’approvazione, entro il dicembre 2015, di un accordo di libero scambio, denominato «Transatlantic Trade and Investment Partnership» (Ttip). In realtà, questa approvazione non è fino ad oggi avvenuta per le resistenze, in larga parte condivisibili, di gran parte del Parlamento europeo.
Ciò ha spinto, di recente, Barack Obama ad effettuare un viaggio in Europa nel corso del quale ha sollecitato i vari leader europei a superare ogni resistenza, evidenziando le ricadute positive che l’approvazione del Trattato avrebbe su Europa e Usa in termini di aumento del Pil e dell’occupazione.
Il Ttip è un enorme accordo commerciale, che coinvolge i 50 Stati degli Usa più le 29 nazioni dell’Unione europea, per un totale di circa 820 milioni di cittadini, cui fa riferimento un Pil che corrisponde a circa il 50 per cento di quello mondiale. Suo scopo dichiarato è quello d’integrare i due mercati, riducendone i dazi doganali e rimuovendo, in una vasta gamma di settori, le differenze di regolamenti tecnici, norme e procedure standard applicati ai prodotti.
I contenuti dell’accordo, però, continuano ad essere oggetto di giudizi molto contrastanti. Un incondizionato assenso al Trattato è stato espresso da alcuni autorevoli centri studi, tra cui l’Aspen Istitute, la cui finalità dichiarata è quella di «incoraggiare il dialogo di leadership illuminate sui problemi contemporanei». Secondo l’Aspen, con il Ttip si realizzerebbe un aumento del 28 per cento delle esportazioni (circa 180 miliardi di euro) tra Europa e Stati Uniti e il Pil mondiale aumenterebbe tra lo 0,5 e l’1% (circa 120 miliardi di euro), favorito da un aumento della concorrenza e dell’innovazione tecnologica. Per altro verso, dure critiche al Trattato – perché ancorato ai principi neo-liberisti che sono stati all’origine della recente crisi – sono state avanzate da importanti economisti. Tra questi il premio Nobel Joseph Stiglitz, secondo il quale «l’accordo comporterà una riduzione delle garanzie e una mancanza di tutela dei consumatori». Gli hanno fatto eco molte organizzazioni internazionali no-profit, impegnate nella tutela dei diritti dei cittadini, secondo le quali dal Trattato potrebbero derivare pericolose limitazioni «ai diritti e alla dignità dei popoli».
In particolare, in un documento diffuso dalla Public Citizen con sede a Washington D.C. – che svolge da tempo un’efficace attività di lobbying per la difesa dei diritti dei consumatori – sono stati evidenziati i seguenti aspetti critici: «L’eliminazione delle barriere che frenano i flussi di merci renderà più facile per le imprese dove localizzare la produzione in funzione dei costi, in particolare quelli sociali; l’agricoltura europea, frammentata in migliaia di piccole aziende, finirebbe con l’entrare in crisi se non venisse più protetta dai dazi doganali, soprattutto se venisse dato via libera alle colture Ogm; l’imposizione di una concorrenza senza limiti favorirebbe gli interessi delle multinazionali a scapito delle piccole e medie imprese; l’orientamento verso la privatizzazione dei servizi pubblici metterebbe a rischio il welfare e settori come l’acqua, l’elettricità, l’educazione e la salute».
Particolarmente osteggiata è una clausola dell’accordo che consentirebbe alle multinazionali di ricorrere a tribunali terzi, nel caso di violazione delle norme di diritto internazionale da parte dello Stato destinatario di un loro investimento. In presenza di questa clausola, dopo l’approvazione del Trattato qualsiasi multinazionale potrebbe opporsi alle politiche sanitarie, ambientali, finanziarie, energetiche, del lavoro o altre vigenti nei vari Paesi, reclamando risarcimenti davanti a tribunali scelti secondo le proprie convenienze, qualora quelle legislazioni ridimensionassero i loro investimenti e i corrispondenti profitti.
C’è da osservare, peraltro, che proprio in questi giorni la Commissione europea è scesa direttamente in campo, evidenziando che il Trattato conterrebbe limitazioni sulle leggi che i governi partecipanti potrebbero adottare per regolamentare diversi settori economici, in particolare banche, assicurazioni, telecomunicazioni e servizi postali.
Per venire a capo della questione e approvare il Trattato in tempi relativamente rapidi, sarà dunque fondamentale che Stati Uniti ed Europa lavorino insieme e bene per individuare la migliore possibile visione strategica comune sul piano economico, sociale e di mercato.
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