
L'Editoriale / Bergamo Città
Mercoledì 15 Febbraio 2017
L’eutanasia nascosta
nelle pieghe della legge
Alla Camera è in discussione il disegno di legge «Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari». Si tratta della possibilità di dare delle indicazioni ai medici circa le cure che si vogliono ricevere e quelle che non si vogliono, in caso di malattia grave o nella fase finale della propria vita. Il testo è già frutto di un compromesso tra coloro che vorrebbero apertamente la legalizzazione dell’eutanasia in nome dell’autodeterminazione, ed altri che formulano invece regole di piena garanzia per la vita umana più fragile, come è quella del malato. Tuttavia la discussione è ancora aperta su alcuni punti fondamentali.
Il primo e più importante è la nutrizione assistita, cioè «il diritto di accettare o rifiutare qualsiasi trattamento sanitario indicato dal medico», con la possibilità di «revocare in qualsiasi momento il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento, ivi incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali» (articolo 1; comma 5). La nutrizione assistita, dal momento che richiede un atto chirurgico per creare la stomia, nello stomaco o nell’intestino, è spesso stata definita come «trattamento medico», e questa definizione viene invocata per considerare questa forma di alimentazione alla stregua di altri «trattamenti», quindi da sospendere contestualmente. Per altri invece le attuali sacche per la nutrizione artificiale non sono altro che l’evoluzione dei vecchi «siringoni» con cui i familiari somministravano frullati di cibo e acqua ai loro cari. Pertanto alimentazione e idratazione andrebbero conservate finché il malato le può ricevere, se in fase terminale diventano dannose si possono interrompere.
Attualmente succede che il medico, quando c’è un effettivo beneficio, propone l’attivazione della nutrizione assistita, ovviamente questo richiede il consenso informato del paziente, il quale può acconsentire o rifiutare. In caso di rifiuto il paziente non viene abbandonato, ma si attivano i trattamenti sintomatologici necessari per alleviare il dolore e accompagnare verso la morte. La nuova legge prevede la possibilità per il paziente di dare delle disposizioni anticipate anche su alimentazione e idratazione, togliendo al medico la facoltà di valutare l’appropriatezza e l’opportunità della nutrizione assistita. C’è pertanto il rischio di trasformarlo in un «esecutore di volontà», anche quando queste fossero dirette a provocare la morte. Per altro il testo attuale non prevede l’obiezione di coscienza per il medico o l’operatore sanitario che considerassero le disposizioni anticipate contrarie alle proprie convinzioni etiche o religiose. Per questo motivo si chiede di retrocedere le «disposizioni» a semplici «dichiarazioni» in modo da lasciare libertà al medico di valutare se la richiesta anticipata sia compatibile con la deontologia professionale e l’obbligo di cura, oppure se la richiesta apra in realtà la strada al diritto all’eutanasia.
È vero che la nuova legge non prevede la somministrazione di farmaci letali, come avviene per l’eutanasia «attiva» in Belgio e Olanda, ma è altrettanto vero che il nostro sistema sanitario si troverebbe coinvolto nell’eutanasia «passiva», cioè nella possibilità che vengano omessi interventi essenziali per qualunque tipo di paziente, non necessariamente in fase terminale o in preda a sofferenze incontrollabili. Inoltre voler estendere la facoltà di decidere la sospensione delle cure e dei sostegni vitali anche al legale rappresentante di soggetti minori o incapaci, rischia di affidare la vita di queste persone fragili, a giudizi esterni sulla loro presunta mancanza di dignità o, peggio, nelle mani di chi potrebbe desiderarne la morte per interesse o per sottrarsi all’assistenza. Per questo si chiede di introdurre che le dichiarazioni anticipate vengano redatte sempre alla presenza di un medico per accertare che ci sia almeno la capacità di intendere e di volere evitando condizioni di depressione o stati confusionali. Nella forma attuale questo progetto di legge modifica fortemente il patto di fiducia su cui si regge la relazione tra medico e paziente, perché sminuisce la professione del medico non più chiamato ad agire in scienza e coscienza, ma a mettere in pratica le disposizioni del paziente, anche qualora fossero volte a causarne la morte.
C’è inoltre il pericolo di modificare la missione stessa degli ospedali da luoghi di cura, dove si offrono trattamenti assistenziali per permettere al paziente di vivere, a luoghi di abbandono terapeutico, dove il bene della vita è affidato alla completa autodeterminazione del singolo. Mi stupisce anche il fatto che non ci sia alcun riferimento a un comitato etico. Ma soprattutto che ancora una volta si stia facendo una legge senza ascoltare il mondo dell’ammalato che è dato dal connubio fra medici e famiglie. Questi e altri nodi problematici andrebbero però affrontati prima di giungere al voto poiché come ha detto Paola Binetti, deputata e medico: «Bisogna fare chiarezza su una serie di contraddizioni che oggettivamente mantengono aperto il rischio di una deriva eutanasica».
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francesco ogheri
8 anni, 3 mesi
...un fine vita dignitoso penso che sia rispettoso di tutti... pazienti, parenti e amici... un inutile accanimento non farebbe altro che prolungare "artificiosamente" qualcosa, una sorta di non-vita in cui l'addormentarsi senza sofferenza dovrebbe poter rappresentare una valida possibilità - come peraltro gia accade ed è già accaduto recentemente e in passato (basti pensare al Cardinal Martini).
Andrea Manzoni
8 anni, 3 mesi
Dal catechismo della Chiesa Cattolica: "Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare...L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la In tal caso si ha la rinuncia all'« accanimento terapeutico ». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.
paola gardi
8 anni, 3 mesi
Non ho mai capito questa cosa cattolica per cui la vita e la morte vengono decise da Dio, però bisogna cercare di evitare di morire ad ogni costo. Rifiutare un inutile e artificiale prolungamento della vita non dovrebbe essere l'accettazione della volontà divina?
silvana messori
8 anni, 3 mesi
"La speranza è l'ultima a morire"; detto questo fondamentale che la scelta sia di libero arbitrio, anche per un cristiano! Certo che io non me la sentirai mai, neanche se fossi medico di togliere la vita. ma, se si crede necessario, che ci sia una legge per regolamentare ciò che verrebbe passato per omicidio, significa che nella realtà, questa "dolce morte" cosiddetta già in forma più o meno esplicita, viene già perpetrata. viene chiamata con nome diverso dalla sospensione delle cure chiamate di accanimento oppure dare solo quelle palliative che fungano solo da ponte per un trapasso senza dolore, o semplicemente quelle dello staccare la spina, ma in definitiva è suicidio assistito! Eutanasia a me sembra che sia induzione a procedere da parte di qualcun altro che prenda le veci del soggetto a cui viene sottoposta. Il confine tra omicidio e suicidio sarebbe molto labile, comunque lo si voglia chiamare! E poi, che tutto debba essere "imposto" sempre con una legge, che mette incasellato ciò che dovrebbe essere "libertà" in libero arbitrio.
maurizio quirico
8 anni, 3 mesi
buona sera, l'estensore dell'articolo non tiene minimamente conto della volontà della persona (paziente) mentre difende in tutti i modi la volontà della persona (medico), come se quest'ultimo fosse il depositario della verità. e' questo l'amore di cui parla la chiesa?
Maria Grazia D
8 anni, 3 mesi
il punto sta che se un medico pratica una forma di eutanasia richiesta in primis dal paziente rischia l'arresto (il medico). Qui non c'entra la chiesa, ma il libero arbitrio dell'Uomo e della sua coscienza. L'Uomo non appartiene alla chiesa ma semmai a Dio! Sono una persona sola, già di una certa età, non ho nessuno attorno a me e vivo sana e contenta, ma se mi dovessi trovare in una situazione molto critica, non vorrei trovarmi stesa su un lettino a guardare per ore giorni anni il soffitto. Ma che si tenga in considerazione e rispetto ciò che già ho scritto per avere una "dolce" morte in pace con me stessa, e prima possibile, senza colpevolizzare chi la esegue!
Fabio Piazzoni
8 anni, 3 mesi
e basta con questa esaltazione della sofferenza....l'uomo se ha una propria dignità ed è nelle condizioni di intendere è volere ha tutto il diritto di non vedere calpestata la propria dignità accettando pratiche mediche solo degradanti e nulla più (e non mi si venga a dire che essere un semi-vegetale sia una cosa auspicabile). La libertà dell'essere umano deve essere anche quella di "togliere il disturbo" dal mondo se la sofferenza arriva a livelli insopportabili, altrimenti si sconfina nel sadismo da parte di chi vuole a tutti i costi mantenerti in vita.
Rosanna Vavassori
8 anni, 3 mesi
Sono sempre stata contro l'eutanasia. Fino al giorno in cui, l'ultimo per lui, chiedendo a mio suocero morente se aveva bisogno di qualcosa, mi rispose: "si, ho bisogno di morire". Fu la sua ultima frase, che mi pietrificò. Da quel giorno ritengo l'eutanasia, se richiesta, un gesto di amore, non un omicidio.
ETTORE FONTANA
8 anni, 3 mesi
ritengo che sia giusto dare la scelta al malato (finchè è in tempo di farlo) di non ricevere cure e di andarsene, quando la malattia è troppo forte, es mia madre ha l'Alzheimer, sappiamo tutti che fine vanno a fare questi malati, diventeranno come piante, dei vegetali, vivi solo perchè respirano, per quanto riguarda mia madre è gia morta dentro se stessa, non è piu la stessa da 3 anni a questa parte, la sua persona non c'è gia piu' e se fosse lucida, lei stessa preferirebbe farla finita, l'ha sempre detto anche da giovane..per cui si sarei d'accordo con l'eutanasia, inutile accanirsi con farmaci e paliativi vari..per queste persone purtroppo non c'è ritorno a loro stessi..io se fossi nelle condizioni di mia madre, non avrei dubbi nell'esprimermi a favore di una dolce morte, rispetto ad una condanna atroce dovuta dalla malattia.