Legge di bilancio
partenza in salita

La legge di bilancio è in Gazzetta ufficiale, ma la sua attuazione è solo agli inizi. Mancano i due pilastri (reddito e quota 100) e occorrono ben 161 decreti attuativi con 77 scadenze vincolanti e pesanti impegni politici da rispettare. Innanzitutto quello rinviato con Bruxelles su deficit e crescita, dal cui monitoraggio dipende la riscossione del pegno da 2 miliardi di tagli. Ancor prima occorrerà trovare 432 milioni per cancellare la «tassa sulla bontà», unico errore ammesso dal governo giallo verde. Sarebbe un bel gesto dimezzarla dopo averla raddoppiata. Entro febbraio dovranno essere riformati i centri per l’impiego per erogare il reddito di cittadinanza evitando il caos: 4.000 nuovi addetti nelle Regioni, da aggiungere agli 8.000 attuali (80 mila in Germania). Auguri, visto che occorreranno 20 bandi e altrettante volontà politiche.

A primavera, nel Def, tornerà l’incubo della clausola Iva, che pesa oltre 50 miliardi nel biennio successivo, un’atomica da disinnescare. Bisognerà infine attendere dicembre per avviare le assunzioni sostitutive dei pensionati nel pubblico impiego. Complessivamente, solo un terzo dei 31 miliardi in manovra è spendibile dal 1° gennaio, primo intoppo al bivio tra chi parla di cambiamento e chi, come il direttore del Corriere, Attilio Fontana, di «tempo delle illusioni». Nei 1.143 commi della legge c’è effettivamente di tutto, a cominciare da una serie di proroghe di benefici (persino il criticato bonus cultura), e fatti nuovi un po’ sorprendenti (Iva ridotta al 10% per i tartufi) o oggettivamente positivi come i 1.500 euro per gli asili (con corsa ad accapparrarseli perché non ce n’è per tutti). Il più rilevante in termini sociali è l’innalzamento delle pensioni minime. Un cambiamento forte, ma anche una vera e propria mina sotto l’intero sistema, perché la maggioranza dei lavoratori non ha versato tutti i contributi corrispondenti, ma poco o tanto ha comunque versato, mentre le minime sono assistenza. Chi ha pagato per una vita e riceve oggi 800 euro, chiederà presto di ristabilire le distanze con chi riscuoterà 780 solo grazie all’essere «cittadino». E via via a salire fino ai cosiddetti pensionati d’oro che si vedranno togliere dal 15 al 40%, anche con contributi pieni. E infine la ridotta indicizzazione dei pensionati da 1.200 euro, che lasceranno all’Inps 2,2 miliardi, la parte più rilevante del 10% di copertura che proviene dai pensionati stessi (il resto a carico di famiglie e imprese). E guai se si lamentano, farebbero la figura, ha detto Conte, dell’avaro di Moliere...

Buone notizie da subito invece per chi ha scommesso sui condoni. A vario titolo, se ne contano ben dieci, compreso il «saldo e stralcio» per chi non ha pagato perché in difficoltà, termine ovviamente da chiarire per non diventare una beffa. Nella finanza locale c’è una norma che dovrebbe apparentemente soddisfare i sindaci, che potranno rimettere, se ne hanno il coraggio, le addizionali, prima vietate per evitare che le imposte romane rientrassero dalla finestra locale. Ora, dopo una discesa in 5 anni di circa 2 punti complessivi, si riparte da un incremento che sale al 42,4, al netto però di quanto faranno i Comuni.

Altra norma di immediata validità è quella che cancella circa 15 mila gare di appalto di importo inferiore a 150 mila euro, sostituite da una sbrigativa procedura di affidamento diretto. Un primo colpo ad un codice degli appalti che ha dato pessima prova. In un Paese che ha rinunciato alle Olimpiadi per paura della corruzione, ci vorrà davvero molta onestà-onestà.

Quanto alle imprese, ci sono solo passi indietro, tasse e perdita di agevolazioni, salvo per quelle piccole fino a 65 mila euro con il 15%di flat, ma sta già fiorendo un fantasioso trasferimento di fatturati da un anno all’altro e di scambi opportunistici con il lavoro autonomo.

Insomma, si parte in salita, con un carico di speranze definite redistributive, parola confortante sostenuta da qualche fatto concreto nell’ambito delle politiche per la famiglia. Per distribuire occorrerebbe prima affrontare i problemi della produzione, e in particolare il peggiore, la scarsa produttività, ferma al 2000, ma meglio essere fiduciosi. Lo ha consigliato Mattarella a Capodanno.

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