L’economia corre
La politica è ferma

È vulgata comune correlare il tempo con il denaro. Lo è perché molte attività sono pagate a tempo o perché una scelta chiude altre opportunità e quindi viene valutata sulla resa che prospetta, il ben noto «costo opportunità». In economia quindi tutti sanno quanto il tempo sia denaro; in altri campi, invece, non tutti sanno che se il tempo non è materialmente e immediatamente denaro è certamente un’opportunità.

È come se esistessero tempi differenti. E qui mi chiarisco. Oggi si ha la sensazione che il tempo del denaro e dell’opportunità stiano prendendo due strade diverse. Da un lato il tempo dell’economia, di un’economia dai confini sempre meno definiti e, a livello europeo, della moneta unica, sempre più rapido a scorrere insieme al denaro che lo accompagna. Dall’altro il tempo della politica, almeno per quanto attiene l’Italia, continuamente insensibile alla velocità del mondo, con i suoi riti, le sue incrostazioni, gli interessi corporativi e di destino dei singoli.

Nel giro di un anno tre gruppi industriali storici hanno cambiato fisionomia, non solo proprietaria, per agganciare i tempi della globalizzazione. Prima la Fiat con gli Stati Uniti, poi Pirelli con la Cina e, pochi giorni fa, l’Italcementi che viene acquisita da un grande gruppo tedesco operante nello stesso settore. Mentre i telegiornali raccontavano alcuni aspetti di quest’ultima vicenda, il Parlamento discuteva del disegno di legge sulla Pubblica amministrazione, del destino delle Province e cercava una strada per calendarizzare la nuova legge elettorale e le modifiche della Costituzione.

E siamo già a metà legislatura, cioè sono trascorsi due anni e mezzo dalle ultime elezioni politiche. Per non parlare delle vicende Marino e Crocetta che occupano da mesi i quotidiani e che trasformano in questioni di singoli, problemi che hanno drammaticità giuridica e finanziaria. Oppure delle vicende che accompagnano spesso le selezioni ai concorsi pubblici, dove ricorsi e controricorsi lasciano nel limbo anche per anni tanti concittadini.

Sono proprio tempi diversi quelli dell’economia e quelli delle nostre Istituzioni. Eppure i primi agiscono sulle nostre possibilità, sulla nostra capacità di progettare il futuro, di avere fiducia. E non possono fare a meno dei secondi perché una buona democrazia non può rinunciare a Istituzioni forti. Oggi però le velocità sono due e gli italiani se ne rendono conto. Anche così si spiega il calo di fiducia registrato dalle statistiche di luglio.

La bassa marea dovuta al quasi nullo costo del denaro, al ridimensionato prezzo delle materie prime, al tanto bistrattato ombrello europeo un giorno verrà meno e in quel momento ci accorgeremo della doppia velocità del nostro tempo. A quel punto diremo che non siamo stati al passo con i tempi.

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