Le crociate di Salvini
la politica del Gabibbo

Dove c’è un problema, soprattutto se legato all’immigrazione, lui arriva. Seguito dalla scorta, da operatori tv e giornalisti, con l’immancabile iPad per raccogliere informazioni e fotografare misfatti. Il giovane Matteo Salvini è il Gabibbo della politica italiana.

Come il famoso inviato speciale di «Striscia la notizia», gira l’Italia alla caccia di storture e guai irrisolti. Usa un linguaggio semplice che va al sodo, politicamente scorretto, come piace oggi. E così buca il video - non a caso è tra i politici più presenti nei salotti televisivi - e fa titolo, come si dice in gergo. Niente da dire: l’erede di Bossi alla guida della Lega ci sa fare. Piega la comunicazione ai suoi interessi e raccoglie consensi grazie a un populismo molto spregiudicato, giocato sulla pelle dei poveracci che non hanno consenso.

Macina chilometri «tra la gente» (altro suo must) e dà l’idea di avere il termometro degli umori dell’Italia più profonda. Lui e solo lui, non l’altro Matteo che governa. Ha archiviato il sogno padano ma anche la questione del Nord lasciandola senza bandiere. Ieri era a Dalmine, per ispezionare l’ex asilo destinato ad accogliere temporanemente un gruppo di profughi. E da lì ha detto tra l’altro che quell’edificio sarebbe meglio destinarlo alla cittadinanza locale. Opporre le due categorie (loro e noi) è un classico del Salvini pensiero, improntato al semplificare amplificando. L’altro giorno dai microfoni della trasmissione tv «Mattino 5» ha annunciato il suo articolato programma per la dismissione dei campi rom: abbatterli con le ruspe, a scadenza del preavviso di sfratto di sei mesi. Semplice e concreto, il Salvini.

La ricetta contro gli sbarchi d’immigrati sulle nostre coste? Lasciare le precarie barche in balìa del mare, ma dopo aver rifocillato i naviganti: moriranno annegati, ma almeno con la pancia piena. La ricetta per rilanciare l’economia italiana? Uscire dall’euro. Per ogni problema il leader leghista ha una risposta chiara: le battute dei frequentatori più gretti dei bar (perché in quei luoghi si sentono anche argomentazioni intelligenti e contrassegnate da umanità) diventano programma politico. I consensi in crescita del resto danno ragione ai calcoli del Gabibbo della politica italiana. Ma i sondaggi sono forse buoni per andare al governo (anche se la Lega da sola non avrebbe i numeri per tornare a Palazzo Chigi), non per risolvere i problemi, o almeno per provarci. È questo il compito gravoso che spetta alla politica: più delle domande, contano le risposte. E la realtà, tanto più oggi in un mondo complicato e complesso, non può essere affrontata tagliandola a fette.

Si prenda ad esempio proprio la vicenda dei rom e dei sinti, una cultura minoritaria e storicamente perseguitata. Nel nostro Paese sono 180 mila (lo 0,25% della popolazione, percentuale nettamente inferiore rispetto ad altri Stati europei) e più della metà hanno la cittadinanza italiana (non possono quindi essere espulsi, come suggerisce la vulgata). Solo 40 mila vivono nei campi nomadi, in condizioni spaventose. C’è chi vive di furti, certo, ma le responsabilità sono sempre personali, mai collettive. In tante città i progetti d’inserimento abitativo hanno avuto esito positivo, grazie alle buone prassi messe in campo dal volontariato e dalla politica.

A Bergamo il campo all’ex macello della Celadina fu chiuso anni fa grazie a uno di questi percorsi, col contributo della Giunta Veneziani (centrodestra). Nei nostri territori del resto non mancano amministratori leghisti che, lontano dai riflettori, armati di pazienza e pragmatismo, contribuiscono a risolvere i problemi dell’immigrazione, come è successo a Cene, storica roccaforte del Carroccio, per l’accoglienza dei rifugiati. Ma lì il Gabibbo della politica italiana non si è mai visto.

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