L'Editoriale
Venerdì 08 Giugno 2018
Le aperture a Mosca
Le bastonate dagli Usa
I termini «populismo» e «sovranismo» stanno alla lingua italiana come lo zenzero e la curcuma stanno alla cucina. Fino a qualche tempo fa nessuno li usava, oggi te li ritrovi dappertutto. A proposito e soprattutto a sproposito. E così, fermo restando che il nuovo Governo deve giustamente aspettarsi la stessa spietata critica che M5S e Lega rivolsero ai Governi precedenti, vien da chiedersi se l’amor di polemica non stia facendo prendere qualche svarione anche ai meglio intenzionati. Leggiamo queste parole: «Intendiamo ribadire la convinta appartenenza del nostro Paese all’Alleanza atlantica, con gli Stati Uniti d’America quale alleato privilegiato.
Saremo fautori di una apertura alla Russia, che ha consolidato negli ultimi anni il suo ruolo internazionale in varie crisi geopolitiche. Ci faremo promotori di una revisione del sistema delle sanzioni, a partire da quelle che rischiano di mortificare la società civile russa». Destano davvero scandalo? Preannunciano, come non pochi scrivono o dicono senza esitare, un’uscita dell’Italia dal sistema occidentale o, addirittura, il tentativo di costruire un sistema di alleanze alternativo a quello di cui siamo parte dalla fine della Seconda guerra mondiale? Francamente, i neo-atlantisti come Mattei, Fanfani e La Pira dicevano, sulla posizione dell’Italia rispetto alla Nato e agli Usa, cose assai più «sovversive» di queste. E nessuno li accusava di essere degli emissari dell’Urss, anche se allora si era al culmine della Guerra Fredda.
Il brano che ho citato è tratto dal discorso con cui Giuseppe Conte ha chiesto e ottenuto la fiducia al Senato. Dice tre cose precise: l’Italia vuole restare nella Nato e continuare ad avere gli Usa come «alleato privilegiato»; è necessario promuovere un dialogo migliore con la Russia che è tornata ad avere «un ruolo» nelle crisi internazionali; il sistema delle sanzioni non funziona e bisogna sottoporlo a «revisione». Scusate ma un sano senso critico porterebbe a dire non che queste sono eresie ma, semmai, che sono banalità. Al più, dati di fatto. Siamo nella Nato e ci resteremo, amici degli Usa come sempre. La Russia, in Medio Oriente e non solo, ha ottenuto un «peso» politico che non può essere ignorato. Embarghi e sanzioni non funzionano. I casi di Cuba, Iraq, Iran e Siria, aggiungo io per fare qualche esempio, lo dimostrano ampiamente. In quei Paesi, come peraltro in Russia, la classe dirigente che si voleva mettere in difficoltà è rimasta o rimane serenamente al potere. A soffrire, semmai, sono le popolazioni. Un bel risultato, no?
Sostenere tutto questo non è sovranismo, è solo buon senso. Stupisce, al contrario, che nessuno faccia caso a quanto sta succedendo intorno a noi. Gli Usa, il nostro «alleato privilegiato», hanno disdetto l’accordo sul nucleare firmato con l’Iran nel 2015, deciso una durissima tornata di sanzioni e comunicato a chiare lettere che colpiranno con sanzioni analoghe anche le aziende europee che saranno trovate a coltivare relazioni economiche con le aziende o lo Stato iraniano. L’Eni, per dirne una, ha già annunciato che da novembre sospenderà le operazioni con l’Iran. E mentre la Ue cerca più o meno affannosamente di reagire, Francia e Germania (più il Regno Unito, ma quelli hanno la Brexit) hanno chiesto agli Usa di essere esentati da quell’onere. In sintesi: i nostri migliori amici (gli Usa) ci bastonano per i loro interessi strategici (che non sono i nostri: la Ue ha detto che l’accordo del 2015 va benissimo) e i partner europei ci mollano per trovare un accordo separato e, ovviamente, privilegiato.
L’Italia non può e soprattutto non vuole mettersi in urto con il resto del mondo. Ma è ancora permesso dire che non va tanto bene? Che l’Europa non può farsi bastonare dagli Usa e insieme fare da cuscinetto nell’urto globale tra Usa e Russia? E l’Italia, che con la Russia ci rimette 3 miliardi l’anno (dati Coldiretti), deve sentirsi in colpa se dice che forse si può inventare qualcosa di più furbo di queste sanzioni?
Se sì, bene ha fatto Conte a sollevare il problema. Lo giudicheremo, semmai, dalle azioni concrete, a cominciare da quelle intraprese durante il G7 che sta per cominciare in Canada. Se no, facciamoci pure governare da altri. Per mal che vada, avremo meno grane.
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