L'Editoriale
Mercoledì 19 Ottobre 2016
L’appoggio di Obama
all’alleato italiano
Chissà se Matteo Renzi si aspettava un endorsement tanto caloroso da parte di Barack Obama durante la visita ufficiale negli Stati Uniti. In realtà il presidente Usa si era fatto precedere da una lunga intervista a La Repubblica nella quale elogiava l’Italia e le riforme renziane, per converso criticando la linea dell’austerità targata Berlino. Ma quello che il presidente ha detto nella conferenza stampa congiunta al giardino delle rose della Casa Bianca è andato molto oltre. Punto primo, Obama si augura che al referendum italiano vinca il Sì alle riforme «coraggiose» che Renzi ha avviato «senza adeguarsi allo status quo».
Punto secondo, anche se vincesse il No, Obama si augura che Renzi resti al suo posto per garantire il cammino intrapreso sin qui dall’Italia sulla strada del rinnovamento e del prestigio internazionale. Tutto questo detto con un calore molto obamiano ma non per questo meno significativo: «Guardate Matteo, è giovane, è bello, è uno dei leader mondiali su cui si può contare», ha detto, e scusate se è poco. È vero tutti i presidenti americani in genere in queste occasioni si dichiarano «impressionati dalla leadership» esercitata dall’ospite di turno, ma la formula di maniera in questo caso è stata chiaramente superata.
Le parole sottolineano da ultime il significato della visita. Obama ha concesso all’Italia e al suo governo l’ultimo impegno ufficiale della sua presidenza. Non solo, ha trasformato l’incontro con il premier italiano in una «State dinner», cioè un evento diplomaticamente molto più significativo che nei decenni è stato concesso assai poche volte ai presidenti del Consiglio (De Gasperi, Prodi, Berlusconi) e a un solo presidente della Repubblica (Pertini). Per l’occasione Renzi si è fatto accompagnare da un certo numero di eccellenze italiane, da Benigni alla Gianotti passando per Armani e il sindaco di Lampedusa cercando di fare il classico «figurone». Poi la scena alla Casa Bianca, l’ostentata familiarità, persino la cordialità tra le due first lady insieme nell’orto di Michelle a sentire le canzoncine dei bambini. Insomma, più endorsement di così… Naturalmente in Italia le opposizioni hanno molto criticato questa esposizione di Obama per il sì, e in diversi hanno evocato la parola «ingerenza». Qualche giorno fa D’Alema, prima ancora del viaggio a Washington del premier, aveva detto che gli stranieri «devono farsi i fatti loro». Il fronte trasversale del No teme che ci sia un effetto Obama sul referendum, che il Sì possa riprendere il primato nei sondaggi che attualmente sembra essergli sfuggito; all’opposto naturalmente il Pd renziano spera proprio che l’effetto ci sia, ed è naturale. Del resto non era forse Clinton a benedire ai suoi tempi l’Ulivo mondiale di Prodi e Tony Blair?
Ma il sostegno americano a Renzi ha un significato ulteriore e più ampio che trascende la presidenza Obama e probabilmente si allunga sino alla prossima, probabile inquilina della Casa Bianca. L’Italia ambisce ad avere un rapporto privilegiato con gli Usa. Non potrà mai certo eguagliare quello che ha la Gran Bretagna, per evidenti ragioni storiche e culturali, e tuttavia adesso che gli inglesi sono usciti dall’Unione europea hanno inevitabilmente indebolito la loro partnership con i cugini d’Oltreoceano. Obama l’aveva detto chiaramente prima del referendum sulla Brexit: «Se uscite, tutto cambierà, anche con noi perché noi vogliamo dialogare con l’Europa». Non solo, il partner italiano è anche il più allineato agli Stati Uniti sul fronte della politica economica: Renzi è un dichiarato ammiratore del modo con cui gli americani sono usciti dalla crisi tanto quanto è critico verso la linea europea dettata da Berlino che non si riesce ancora a cambiare radicalmente nonostante l’enorme rischio populistico.
Quindi molte cose spiegano questo calore verso Renzi e quello che lui rappresenta. Certo, c’è il problema dei rapporti con Putin (noi vorremmo togliere le sanzioni che invece gli americani intendono addirittura ampliare) ma un aggiustamento diplomatico su quel fronte non è impossibile – anche se gli Usa non nascosero la loro irritazione per le parole pronunciate tempo fa da Renzi durante un forum economico alla presenza di Putin.
Ecco dunque perché in questa visita, nei suoi particolari diplomatici e di etichetta, si nasconde dunque una linea geopolitica tra i due Paesi in via di maturazione.
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