La scuola ricomincia
fra troppe incertezze

Non occorre essere bambini o ragazzi, né genitori di figli in età scolare, né lavoratori della scuola. Dell’avvio dell’anno scolastico ti accorgi comunque, anche se quello della scuola è ormai un tempo lontano della tua vita. La scuola che inizia è una certezza, per chi a scuola ci va (per studiare o per lavorare), per chi ci manda i propri figli, ma anche per ciascuno di noi tutti che, più o meno consapevolmente, condividiamo questo appuntamento fisso, l’inizio di un tempo dedicato ad uno dei punti fermi del vivere insieme: trasmettere, condividere e far propria la cultura, i contenuti e i significati che la innervano e possono dare a ciascuno di noi strumenti per vivere meglio, per sé e per gli altri. La scuola, che comincia ogni anno, rappresenta una certezza.

Ma che cosa succede se questa certezza di anno in anno si fa più fragile, insicura, ondivaga ed approssimativa? Perché, è lapalissiano, per avere la scuola ci vogliono docenti, non docenti «qualunque», docenti preparati, stabili, che garantiscano la loro indispensabile mediazione tra educazione ed istruzione; ci vogliono regole, magari poche, ma certe e funzionali allo scopo; ci vogliono risorse, mirate e rendicontate; di più, ci vuole un’idea, un progetto di scuola che coincide con un progetto di società, di uomini e donne che la sostanziano. Dov’è tutto questo nella nostra scuola, nel nuovo anno che comincia?

I docenti di ruolo ci sono, certo, ma non bastano, si sa, e ogni anno centinaia di migliaia di precari garantiscono, nel bene e nel male, la copertura dei posti necessari; ora, i concorsi nazionali del 2016 che, negli annunci della «Buona scuola» avrebbero dovuto garantire la fine definitiva del precariato e assicurare docenti di ruolo in tutte le scuole, stanno immettendo in servizio circa 50.000 vincitori, ma la macchina amministrativa ministeriale arranca di fronte a questo compito, piegata da quel ginepraio sindacal-giuridico che ha essa stessa creato; di certo, non sarà facile avere questi docenti in classe in tempo utile per l’avvio delle lezioni. Ancora: alcuni di questi stessi concorsi sono tuttora in corso in alcune grandi regioni italiane dove non si potrà fare a meno, per avviare le lezioni, di ricorrere alle Gae (Graduatorie ad esaurimento), inventate dal ministero nel 2007, come dice l’espressione stessa, per risolvere rapidamente il problema del precariato. Peccato, ci dicono le riviste specializzate, che alcune Gae si svuoteranno realmente, a partire da oggi, tra una quarantina d’anni. E che dire dei docenti di matematica? Mancano! Più di 3.800, specie nella scuola secondaria di I grado; 2.000 supplenti precari potranno venire dalle famose graduatorie, ma gli altri? Abilitati? Neo-laureati? Migliaia di posti vacanti si contano sul sostegno, in tutti i gradi di scuola: il concorso nazionale, in questo caso, si è chiuso in tempo utile, ma se i risultati sono ben lontani dall’aver risolto il doveroso compito di assicurare agli allievi con disabilità ciò che la legge italiana garantisce da più di 40 anni, il dubbio che qualcosa non abbia funzionato sorge.

Le regole e il loro rispetto alimentano la certezza, abbiamo detto, e un caso si offre con attualità clamorosa: quale regola vale per le vaccinazioni, a scuola, oggi? Che cosa devono fare genitori, dirigenti, responsabili sanitari? E, infine, la certezza si alimenta con la presenza di un progetto, di un’idea che sostenga non solo la scuola di oggi, ma anche quella che verrà. Domanda: poiché siamo alle soglie di un cambio generazionale forte dei docenti per cui centinaia di migliaia di docenti andranno in pensione nei prossimi anni, quali saranno i docenti che li sostituiranno? Come saranno stati preparati? Con quale formazione iniziale? Se il nuovo percorso delineato dalla norma nel 2015, ad oltre due anni di distanza, naviga nella confusione totale, tra decreti ministeriali, decreti legislativi, allegati e via dicendo, senza che a nessuno sia chiaro «chi» e «come» sarà il docente di domani, quale futuro ci attende?

Detto questo… la scuola comincia. Buon anno, ragazzi! E che ciascuno di voi, al di là di tutte le ombre tratteggiate, possa godere della luce di almeno un «maestro» o una «maestra», di ruolo o precario non importa, capace di accompagnarlo (lo diciamo con Bruner) nel modo della meraviglia e della possibilità del sapere e del suo «sapore» per la propria vita. Questa è «la» certezza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA