L'Editoriale
Martedì 18 Novembre 2014
La pelle dei pendolari
e le guerre Trenord
Binario morto. Il sogno della regionalizzazione del servizio ferroviario si sta trasformando in un incubo. In primis per i pendolari lombardi, che da qualche mese in qua ne stanno vedendo di ogni. L’ultima è di lunedì mattina: materiale oleoso sui binari, diventato poi vischioso strada facendo, ma è un dettaglio. Ogni giorno è lastricato di ritardi, disservizi, inconvenienti a metà tra il comico e il paradossale. E da una certezza, la sola che i pendolari fanno propria oltre all’ormai acquisito e puntuale ritardo: il servizio è peggiorato, in modo imbarazzante.
I motivi sono diversi, e probabilmente non tutti noti: sicuramente non chiarissimi. Di certo i rapporti tra la parte lombarda della società e il carrozzone di Trenitalia non sono dei migliori, decisamente peggiorati dopo l’avvento della Giunta Maroni al Pirellone. Nel prossimo rimpasto, con molta probabilità, salterà la testa di Alberto Cavalli, assessore ai Trasporti: il secondo in meno di 2 anni. E se 3 assessori in un ruolo così delicato e in un tempo così ristretto vi sembrano una cosa normale, beh, bontà vostra.
Poi c’è la questione dell’amministratore delegato: dopo gli strascichi giudiziari di Giuseppe Biesuz e l’interregno prolungato di un uomo di ferrovia come Luigi Legnani, il posto è ancora vacante. Non solo: negli ultimi mesi sono stati bruciati due nomi, quasi tre se consideriamo che alla fine Cinzia Farisè è ancora in bilico. E anche questo, comunque la vogliate vedere, non è normale ed è indice di una certa qual tensione tra le parti. Magari acuita dopo che i tentativi di Trenitalia di riportare a casa la società sono stati respinti dal Pirellone. In più, la partenza di Mauro Moretti direzione Finmeccanica non pare aver semplificato le cose: l’uomo aveva sì il suo caratterino, ma alla fine si è dimostrato interlocutore molto affidabile. Al punto da seguire Maroni anche nell’ipotesi costruita da Beppe Bonomi (ex presidente Sea) di una Trenord per 3, ovvero estesa a Piemonte e Veneto. Ipotesi ora nel cassetto.
Insomma, il clima è decisamente pesante, e prova ne sono gli inconvenienti in serie: ormai talmente frequenti da far nascere il sospetto che si stia giocando una guerra per bande. Sulla pelle dei pendolari, beninteso. Che, dal canto loro, continuano a vivere di promesse (i 67 treni sono ormai entrati nel mito al pari dei carrarmati di mussoliniana memoria...) e ritardi. Vero che gestire il traffico ferroviario di una regione come la Lombardia equivale ad avere per le mani un Paese come Belgio o Olanda, ma proprio per questo motivo la questione non può essere giocata come l’ennesima guerra interna.
C’è chi invoca l’apertura a partner europei, paventando così un automatico salto di qualità. In realtà sondaggi ce ne sono stati in passato, e diversi, ma tutto si è arenato davanti ai livelli tariffari italiani, oggettivamente in linea con la qualità del servizio : bassi. Ma soprattutto c’è un dato di fatto, e lo spieghiamo con le parole di Marco Piuri, numero uno per l’Italia di Arriva Deutsche Bahn: «Se si fa una gara vera, con un capitolato vero abbiamo tutto l’interesse a partecipare. Ma, almeno fino a oggi, in Italia non è successo. Ci sono state poche gare e non aperte alla vera competizione». E perchè? «Per garantire il movimento dei treni servono tutta una serie di strutture. che sono di Rfi, società di Ferrovie dello Stato come Trenitalia. Le regioni che vogliono lanciare una gara devono mettere in condizione i concorrenti di poter accedere a queste infrastrutture alle stesse condizioni di Trenitalia. È stato fatto in tutta Europa, ma qui no». Si chiama monopolio, nemmeno tanto strisciante: e Trenord potrebbe diventarne la prossima vittima.
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