La lotta alla fame
è nelle nostre mani

La situazione è migliorata, ma i numeri sono altrettanto drammatici. Le statistiche a volte nascondono tragedie che si perpetuano. Non basta essere contenti perché, rispetto al 2004, oggi le persone che muoiono di fame sono diminuite. Non è assolutamente una svolta. Anzi il dramma resta. Ogni giorno 24 mila persone muoiono di fame, cioè mille ogni ora, cioè 16,6 ogni minuto. Tre quarti sono bambini sotto i cinque anni. Ma la morte per fame non è un problema, non ci tocca, non ci inquieta.

Ha ragione Jorge Mario Bergoglio quando denuncia, come ha fatto ieri alla Fao, che sull’argomento s’intrecciano sofismi esasperati. La colpa è sempre di nessuno. Invece è di tutti, di me che scrivo questo articolo e di voi che lo leggete. Quante persone saranno morte prima di arrivare alla fine? In questo modo è più facile avere la misura della tragedia, misura reale dei numeri e non evanescente delle politiche. La colpa è di tutti perché il cibo lo sprechiamo, il cibo diventa moneta di scambio per affari che con la nutrizione non hanno niente a che fare. Lo si sa da tempo, da anni, da sempre. La fame è un’arma esattamente come lo era la spada e lo sono le bombe intelligenti. Ma la fame serve anche per distorcere le regole dei mercati e riempire i portafogli degli gnomi della finanza. Il grano, come tutte le materie prime, può essere coltivato e nascosto in attesa che si alzi il prezzo.

Il cibo è moneta, che conferma lo strapotere della finanza e le speculazioni globali attorno ad esso. Eppure la globalizzazione non ha portato nulla di nuovo. Accadeva anche nell’Europa della guerra dei Cento Anni, secoli fa. I principi e i dittatori si sono sempre serviti della fame. Stalin utilizzò la fame per piegare l’Ucraina e fece milioni di morti. Ma oggi tutto è più ovattato, e le immagini dei morti di fame del Biafra, che colpivano negli Anni Settanta pubblicate a colori sui rotocalchi, oggi non scalfiscono nessun cuore. Molti Paesi africani hanno cambiato nome, nemmeno il Biafra esiste più, le priorità del mercato si sono attestate altrove nel nostro immaginario e la fame è scivolata nell’oblio.

Il Papa a Roma parla alla seconda Conferenza mondiale sulla nutrizione. La prima risale a 22 anni fa, ma in mezzo cosa c’è stato? Qualche statistica è migliorata, dunque qualcosa si può fare. Tuttavia il fatto che i cosiddetti «Millenium goal», cioè gli obiettivi del Millennio, risultati virtuosi per migliorare la condizione dei poveri nel mondo, vengano sempre spostati più in là e nessuno va mai in rete, conferma solo una cosa e cioè che la fame è un delitto sociale. Perché debellarla sarebbe possibile, ma non è una priorità. Le politiche commerciali continuano ad essere sbagliate e non efficaci. La stessa cosa per le politiche nutrizionali, che sono governate dallo spreco per sostenere i mercati e dal desiderio oltre ogni logica. Nessuno tutela i piccoli coltivatori del mondo, pochi hanno capito l’importanza della filiera corta, più sana e più equa. Ogni anno buttiamo nel bidone a livello mondiale cibo per due mila miliardi di euro. In Italia lo spreco vale otto miliardi. E anche qui è meglio il conto personale: 6,5 euro settimanali a famiglia nella spazzatura.

Anche per questa ragione c’è chi, e non solo dall’altra parte del mondo, soffre la fame. Con più attenzione e meno capricci si può far molto anche per scardinare il paradosso dell’abbondanza, già denunciato da Karol Wojtyla nel 1992. La fame resta dunque la prima sfida per un nuovo governo del mondo. E non è vero, come ha di nuovo ripetuto ieri Bergoglio, che i nodi sono sempre inestricabili.

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