La guerra ai vaccini
per un pugno di voti

La Regione Veneto ha deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale il decreto del governo sull’obbligatorietà dei vaccini. Lo ha comunicato il governatore Luca Zaia in un post su Facebook. Perché lo ha fatto? Zaia ha messo subito le mani avanti. Non si tratta di sfiducia nei confronti dei vaccini, ma di libertà di cura. «Quella della vaccinazione obbligatoria è una roba solo italiana», ha aggiunto il governatore. «Io penso che l’obbligatorietà non risolve i problemi di dialogo con le famiglie. La posizione della Regione è non mettere in discussione che cosa rappresentano i vaccini per la salute umana, ma sicuramente mettere in discussione alcuni aspetti di questo decreto. Mi rifiuto di iniziare una guerra con i cittadini».

È evidente però che se una Regione impugna un decreto sui vaccini, introduce inevitabilmente un elemento di dubbio nei loro confronti. Magari può ottenere consenso, ma davvero fa un servizio alla collettività? La politica ha il diritto di entrare in questioni scientifiche?

È già stato ampiamente ripetuto che in medicina non c’è democrazia, contano le evidenze scientifiche e i risultati delle ricerche epidemiologiche. Ogni volta che diamo spazio a due voci contrapposte diamo alle persone la sensazione che la comunità scientifica sia divisa a metà sui vaccini, che sono stati l’arma con cui l’umanità ha continuato a sconfiggere le malattie, portando l’età media dell’uomo dai 30 anni del Medioevo agli attuali 90. Tra scettici e fautori dei vaccini in campo medico le proporzioni sono di uno a cento, ad essere benevoli nei confronti degli scettici. Ecco perché il processo politico non deve in nessun modo intervenire, se non applicare i consigli dei proprio consulenti medici. Sarebbe come dare la libertà di scelta a chi vuole essere soccorso in un terremoto.

Gli ultimi dati sulle coperture diffusi dal ministero della Salute, compresi quelli del Veneto, giustificano l’adozione dell’obbligatorietà dei vaccini. Lo dice Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità, in un editoriale sulla newsletter dell’Istituto pubblicata ieri. Per morbillo, parotite e rosolia il Veneto è due punti sopra la media nazionale, ma comunque sotto il livello di sicurezza del 95 per cento. Sotto quella soglia il virus del morbillo non viene eliminato e resta in agguato.

Scomodare la libertà di cura e il diritto costituzionale di scegliere un determinato trattamento sanitario (articolo 32 della Costituzione) è assolutamente fuori luogo, anche perché il costituente aggiunge subito che in caso di disposizione di legge quel trattamento è obbligatorio. E quando aggiungeva quel comma pensava proprio ai vaccini e alle epidemie.

Dobbiamo sempre ricordarci che la nostra libertà, i nostri diritti, finiscono dove inizia la libertà altrui e il bene comune. E se decidiamo di non vaccinare i nostri figli, la mancata copertura non solo potrebbe portare complicazioni per i nostri figli, ma finirà per contagiare anche gli altri, come è avvenuto in alcuni asili nido del territorio milanese. E non dobbiamo mai dimenticare che malattie come il morbillo, che il nostro Paese sembrava essersi messo alle spalle e invece sono tornare in auge, possono diventare mortali.

Che senso ha rischiare di perdere la guerra con le malattie per evitare di fare una guerra con i cittadini? La politica dovrebbe avere il coraggio di portare avanti decisioni impopolari se queste sono al servizio del bene comune. E invece l’unica priorità sembra essere quella della ricerca del consenso. Come vaccinarci da tutto questo?

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