La finestra
di Loreto

Angelo Roncalli andò a Loreto il 4 ottobre 1962 alla vigilia dell’apertura del Concilio Vaticano II che il Papa bergamasco volle «ecumenico». Utilizzò il treno del presidente della Repubblica Antonio Segni con la locomotiva a vapore e fu un viaggio memorabile, il primo di un Pontefice fuori dal Vaticano dall’Unità d’Italia.

E fu proprio Giovanni XXIII a descrivere il Santuario della Santa Casa con poche parole che esprimevano insieme un concetto e un valore, che oggi Papa Francesco ha deciso di sottolineare di nuovo, scegliendo la cattedra di quel Santuario per firmare l’Esortazione apostolica dedicata ai giovani. Roncalli spiegò che il Santuario di Loreto è una «finestra aperta sul mondo a richiamo di voci arcane, annunzianti la santificazione delle anime, delle famiglie, dei popoli».

Oggi appare un linguaggio desueto, profilo letterario a cui non si è più abituati. Ma la rappresentazione che ne risulta indica il criterio per cui Roncalli lo scelse alla vigilia del Concilio e oggi lo fa Bergoglio per la firma di un testo assai impegnativo per la Chiesa e per i giovani che ne sono il futuro.

Una «finestra aperta sul mondo» serve per fissare l’orizzonte alla visione della Chiesa, quelle gioie e speranze, tristezze e angosce degli uomini di oggi di cui parlerà la «Gaudium et spes». Adesso sono i giovani nel mondo l’ultima sfida dell’annuncio della Chiesa.

Il Sinodo dello scorso anno è stato molto chiaro sul fatto che spesso per loro Dio resta una parola ingombrante e a volte la Chiesa è un ostacolo. Eppure nel corso della discussione si è vista una grande passione per qualcosa di nuovo, senza idealizzare un passato che non c’è più. Al Sinodo è stato avviato un processo che non è finito con la discussione in Vaticano e non finirà nemmeno con l’Esortazione apostolica di oggi che Bergoglio ha scritto quasi tutta da solo e sarà intitolata nell’originale spagnolo «Vive Cristo, esperanza nuestra».

Le parole di Roncalli a Loreto quasi sessant’anni fa assumono dunque un significato perfetto per l’annuncio del Vangelo ai giovani e il luogo, Loreto, ne diventa l’archetipo. È nota la devozione di Bergoglio per il suo predecessore che ha voluto santo senza un miracolo. E Roncalli di Loreto, dopo averlo definito una finestra sul mondo, così continuava: «Trasmetta anch’esso la perfetta consonanza con la voce della Chiesa, il lieto annunzio dell’Evangelo, per una fraterna convivenza tra le genti, nel segno della più generosa giustizia, di più eloquente equità, affinché su tutto e su tutti splendano i doni della misericordia del Signore».

Se si coniugano queste parole con le riflessioni del Sinodo dei giovani sul fatto che la Chiesa sia in debito verso di loro, e che debba trovare parole nuove e non cedere mai alla sindrome da fine del mondo delle chiese vuote, si può anche trovare il motivo della scelta del Santuario per la firma del documento. Il Concilio doveva servire nell’idea di Roncalli a rilanciare la misericordia del Vangelo e spargerla sul mondo. E anche l’Esortazione dedicata ai giovani ha in pratica questo significato: rilanciare il progetto di Dio per i giovani da parte di una Chiesa che cammina insieme a loro.

Loreto narra una storia speciale del rapporto tra i Papi e i giovani. Wojtyla, già malato, fece l’ultimo viaggio in Italia a Loreto il 5 settembre 2004 proprio per incontrare migliaia di giovani portati lì dall’Azione Cattolica. Benedetto XVI tre anni dopo fece la stessa cosa e l’incontro venne chiamato «Agorà dei giovani». Oggi arriva Jorge Mario Bergoglio. Non sarà un happening di massa, ma la firma di Francesco conferma che la Chiesa senza l’entusiasmo dei giovani non va da nessuna parte e che solo se capisci i giovani capisci il mondo, unico modo per la Chiesa di non perdere la direzione.

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