La famiglia vittima
delle scelte mancate

Strana festa della mamma quella celebrata ieri. A Roma, su iniziativa del Forum delle Associazioni familiari, s’è vista una manifestazione il cui simbolo erano dei passeggini vuoti. Il messaggio è chiaro: siamo in un Paese in cui di mamme ce ne sono sempre meno. Il 2016 è stato l’anno con il record negativo di nascite, con 474 mila nuovi bambini, 12 mila meno del 2015 che a sua volta era stato un anno record. L’Italia sembra prigioniera di una spirale negativa, la cui portata sarebbe ancor più drammatica se non ci fosse stato in questi anni il contributo delle donne immigrate, che hanno un tasso di fecondità molto superiore rispetto alle giovani italiane. C’è poi un aspetto che deve ulteriormente far riflettere.

L’Italia infatti è un Paese che si è sempre caratterizzato per la forza, umana, economica e culturale della propria provincia. È un Paese policentrico la cui anima era custodita da territori che sapevano fare resistenza rispetto alla logica omologante delle grandi città.

In provincia il tasso di nascite era generalmente più alto che nei grandi centri, dove il metter su famiglia incontrava tanti ostacoli, di organizzazione della vita e anche culturali. Oggi invece le statistiche ci dicono che anche la provincia italiana ha alzato bandiera bianca: in quella bergamasca, ad esempio, le neomamme dal 2009 al 2015 sono calate del 21%. Erano 12.060, si sono ridotte all’ultima rilevazione a 9.523 (tra le quali quasi tremila sono mamme immigrate). In sostanza in sei anni abbiamo perso una mamma ogni cinque.

Come si spiega un fenomeno di queste dimensioni in un Paese come l’Italia che ha sempre avuto nella famiglia l’architrave della propria organizzazione sociale? La risposta è molto semplice: la famiglia, a dispetto dei tanti bei proclami sul piano dei valori, è stata letteralmente massacrata sul piano concreto per le scelte che la politica ha fatto (o meglio che non ha fatto) negli ultimi cinquant’anni.

Proprio nei giorni scorsi abbiamo visto il neo presidente francese Emmanuel Macron festeggiare la sua vittoria in mezzo a uno stuolo di figli e nipoti. Poco importa che si trattasse di figli e nipoti acquisiti grazie al matrimonio con una moglie più anziana di lui: quell’immagine rappresenta la situazione standard di un Paese che ha scelto una strada opposta rispetto all’Italia e ha costruito politiche, a partire dalle politiche fiscali, a favore delle famiglie. Mentre l’Italia si inventa soluzioni rappezzate come il bonus bebè che un anno vale e l’anno dopo sparisce, la Francia da decenni garantisce alle mamme, dal quarto mese di gravidanza al compimento del terzo anno del bambino un assegno mensile di quasi 200 euro, integrato da 927 euro al momento della nascita: è la cosiddetta «Prestazione accoglienza bambino».

Si capisce quindi perché le famiglie francesi abbiano in media due bambini, mentre il 46,5% delle famiglie italiane abbia un solo figlio e nella stragrande maggioranza non abbia in programma di mettere al mondo il secondo: troppe le difficoltà incontrate ad ogni livello, a cui si aggiunge anche un senso profondo di solitudine della donna che vive oggi un’esperienza di maternità. Viene messo a rischio il lavoro, l’organizzazione della vita si complica, le stesse reti di amicizie si allentano e diventa molto più difficoltoso tenerle in vita.

Quei passeggini vuoti, scelti come simbolo della manifestazione romana non sono però simboli ammutoliti, perché custodiscono la voce di una domanda inespressa. Tutte le ricerche infatti concordano nel dire che le donne italiane hanno desiderio di maternità, ma che questo desiderio viene represso dall’ostilità del sistema. Una società così propensa a creare desideri artificiali per interessi di mercato, dovrebbe finalmente mettersi in ascolto di questo desiderio reale. Che, per altro, è un desiderio capace di generare dinamiche economiche importanti per il futuro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA