L'Editoriale
Venerdì 24 Febbraio 2017
La cyberguerra russa
minaccia all’Europa
Dopo i cyber attacchi russi alle elezioni americane, che secondo molti commentatori ne avrebbero alterato i risultati (c’è addirittura un’inchiesta dell’Fbi sulla possibilità che siano stati concordati con emissari di Trump), è arrivato il turno dell’Europa. Nel 2017 si terranno nella Ue elezioni molto importanti, in Olanda, Francia, Germania e forse Italia, e le grandi manovre del Cremlino per influenzarle sono già incominciate. La prova generale è avvenuta in Olanda, dove un sedicente movimento ucraino ha contribuito a fare bocciare in un referendum l’accordo commerciale faticosamente concluso tra Kiev e Bruxelles, mettendo in grave imbarazzo l’Ue.
Ma, per le grandi consultazioni in programma nei prossimi mesi, ci si aspetta molto di più, nel senso che il Cremlino può anche contare, in ciascun Paese, su partiti simpatizzanti che hanno avuto con lui contatti quasi ufficiali e perseguono i suoi stessi scopi: l’indebolimento, se non la dissoluzione, della Ue e della Nato. Né la cyberguerra è l’unica arma cui Putin ricorre: quando ha visto che non riusciva a impedire l’adesione del Montenegro all’Alleanza atlantica, che per ragioni strategiche vede come il fumo negli occhi, ha ordito un complotto per assassinare il presidente filo-occidentale e per puro caso non c’è riuscito. Fallito quel tentativo, il Cremlino spera adesso che l’America di Trump non ratifichi l’accordo; e intanto si compiace che, con il suo aiuto, siano stati eletti presidenti filorussi in Bulgaria e in Moldavia.
Durante la guerra fredda, era una prassi quasi accettata che l’Urss aiutasse, soprattutto con finanziamenti occulti, i Partiti comunisti dell’Occidente. Il paradosso è che oggi la Russia di Putin si appoggia non sulla sinistra, ma sui partiti sovranisti, antieuropei e xenofobi della destra, come il Fronte Nazionale di Marine Le Pen in Francia - cui ha prestato 11 milioni di euro - il Partito della libertà di Geert Wilders in Olanda, Alternative fuer Deuschland di Frauke Petry e sia pure in maniera più sfumata, la Lega di Matteo Salvini in Italia. In altre parole, mentre l’America si sta ancora interrogando sulle vere ragioni delle simpatie filorusse di Trump e di alcuni dei suoi più stretti collaboratori (genuina speranza di un grande accordo su Isis, Siria e nucleare, misteriosi legami di affari, singolari affinità ideologiche con Putin notate nel suo discorso inaugurale?), in Europa è tutto più alla luce del sole; e i Paesi in cui sono in programma le prossime elezioni si stanno già preparando a difendersi contro un’offensiva che, grazie alle moderne tecnologie, si preannuncia molto più sofisticata di quelle di trent’anni fa.
Dopo una serie di attacchi cybernetici ai suoi uffici governativi provenienti soprattutto dalla organizzazione che aveva hackerato le mail della Clinton, l’Olanda ha per esempio escluso l’elettronica dai conteggi e stabilito che tutti i voti vengano contati a mano. In Francia ci si prepara soprattutto a contrastare le false notizie (probabilmente, visti i precedenti, sulla vita privata dei candidati) che possono essere diffuse attraverso i social media.
Ma è in Germania che l’allarme è più forte: Stephen Mayer, presidente del Copasir tedesco, ha invitato i cittadini a tenere gli occhi aperti, perché da una serie di indizi gli risultava che i russi si sarebbero adoperati con tutti i mezzi per screditare la Merkel. I servizi di Berlino hanno già individuato a San Pietroburgo un istituto che si è specializzato nella cyberguerra antitedesca e sarebbe pronto a entrare in azione. Siamo, insomma, di fronte a scenari completamente nuovi, cui non sappiamo se saremo in grado di far fronte.
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